mercoledì 28 marzo 2018

Febbraio 2018: i costi di produzione dei giochi da tavolo.

Nella nuova sede di SlowGame!
Ed eccoci a parlare di febbraio, iniziando da una grandissima e importantissima notizia, ovvero l'apertura del nuovo blog Sfoggiare Inutile Erudizione, che non c'entra nulla con i giochi, ma è davvero assai lepido e divertente. Visitandolo potrete trovare sia gli articoli che erano stati originariamente pubblicati su La Piramide delle Bermuda (che ora si chiama Occulturiamoci), opportunamente aggiornati, sia le nuove rubriche Personalità Buffe e Pillole di Erudizione.
Si è già parlato, fra le altre cose, di efferati assassini, eroi di guerra, fondatori di religioni, cani spaziali, calciatori cialtroni e poi arte, scienza, allucinazioni, esoterismo e tirannosauri.
Come potete resistere???
[SPAM MODE = OFF]

Veniamo quindi agli argomenti ludici, iniziando dal fatto che SlowGame, l'associazione di cui sono vicepresidente, dopo le peripezie degli ultimi mesi ha finalmente una nuova sede adatta alle sue esigenze e che sembra possa durare a lungo. Anche stavolta ci siamo appoggiati a un bar che avesse caratteristiche a noi adatte, visto che per noi è la scelta migliore.
Avevo parlato nel dettaglio della situazione nel post di fine anno, e molti di voi si erano preoccupati della nostra sorte, quindi ci tengo a tranquillizzarvi: tutto procede per il meglio e il lunedì sera è tornato più affollato che mai (ma io gioco pochissimo perché devo sempre playtestare...). Inoltre, abbiamo anche partecipato a una giornata di autogestione del liceo locale, dove abbiamo tenuto 4 ore di laboratorio ludico, che mi sembra abbia riscontrato un buon successo fra i ragazzi. Sono cose che fanno piacere!

A proposito di SlowGame, stiamo anche organizzando la sesta edizione del torneo multigioco a squadre. Lo schema dei titoli scelti è qui sotto, mentre l'evento Facebook è qui!

Ovviamente, io e Tambu siamo stati anche a Norimberga, dove abbiamo passato quattro intensissimi giorni a guidare in mezzo alla neve e a fare accordi di distribuzione per i nostri giochi presenti e futuri.
In generale, tutti i nostri partner continuano a dirci che abbiamo davvero dei giochi interessanti e contiamo che la maggior parte di essi vadano effettivamente in porto. Di certo, rispetto agli anni scorsi, alcune cose sono cambiate (anche per via di alcune acquisizioni) e questo è uno dei motivi per cui c'è sempre più lavoro da fare. Un altro è la nostra intenzione di aumentare il numero di uscite.
Ma abbiamo già dei piani su come fare a starci dietro, state tranquilli ;)

A cosa abbiamo lavorato
  • Beh, innanzitutto ai follow up post Norimberga: contratti, bozze grafiche, preventivi e accordi vari. Un turbine di mail e telefonate parecchio eccitante e foriero di grande fibrillazione. Spero di non essermene dimenticata nessuna! :D
  • Abbiamo poi proseguito con l'espansione di Wendake, che ha ancora parecchi dettagli da limare, ma siamo davvero convinti di essere sulla strada giusta. I test stanno evidenziando delle possibilità di gioco davvero interessanti, con tattiche e strategie nuove, rese possibili anche dalla possibilità di realizzare alcune combo davvero notevoli.
  • Nel frattempo, siamo al lavoro su altri cinque giochi, senza contare quelli promozionali. In particolare, il nuovo progetto che stiamo portando avanti insieme a Demolâ è davvero promettente!
Cosa hanno detto di noi

Iniziamo da due video che hanno analizzato Wendake da punti di vista diversi dal solito:
  • TeOoh ha pubblicato il gameplay di una partita in solitario, che era una cosa che mancava e che abbiamo apprezzato molto. Come potete vedere, anche giocare contro l'automa può essere decisamente stimolante!
  • Il progetto BEC (Boardgame E Cultura) del Boardgame Empire Club ha dedicato una puntata alla recensione di Wendake dal punto di vista storico. Ci fa molto piacere, perché è un aspetto a cui noi teniamo tantissimo!
  • Infine, sono usciti alcuni video in altre lingue. Li trovate, come sempre, nella nostra playlist International videos, su YouTube.
La polemica del mese

Innanzitutto: la polemica in questione è di marzo, non di febbraio, ma sticazz come già scritto in passato ho deciso che mi terrò libero dai riferimenti temporali del titolo, che valgono per le altre sezioni ma non ha senso ripescare argomenti vecchi quando ce ne sono di più nuovi e attuali.
Ancora una volta, non metto nessun link, ma in questo caso il motivo è che vorrei parlare più di un argomento generale, che non del caso particolare da cui sto prendendo spunto.
Tale caso è presto descritto: una nota casa editrice italiana ha localizzato un gioco estero cambiando alcuni materiali e in particolare eliminando un libretto e trasformando degli elementi di legno in cartonati. Ciò ha suscitato alcune polemiche, a cui la casa editrice ha risposto dicendo che il mantenimento dei materiali originali avrebbe alzato il prezzo di vendita di circa 7 euro. Molti giocatori hanno però detto che lo avrebbero preferito e alla fine, in un comunicato successivo. si è offerta di vendere i componenti aggiuntivi a prezzo di produzione, ovvero a 1,50, ed è da qui che la cosa inizia a diventare interessante.
In sostanza, in mezzo ad alcuni plausi e, ovviamente, ad alcune critiche, si sono alzate delle voci che hanno accusato l'editore di mentire, perché "se ora lo vendete a 1,50 perché l'altra volta avete detto 7? Potevate metterli da subito e alzare il prezzo di 1,50!"


Ricordo che un ragionamento simile saltava fuori ogni tanto anche in anni passati, in cui qualcuno chiedeva che gli editori mettessero già le bustine dentro alle scatole di giochi perché "tanto loro ne comprano tante e quindi le pagano poco".


Ora, sinceramente qui non ci sono opinioni da esporre, ma, in linea con gli scopi di questo blog, semplicemente un meccanismo da spiegare, che secondo me dovrebbe essere assolutamente scontato per tutti, ma evidentemente non è così.
Il costo a cui viene venduto un gioco al pubblico NON È il costo di produzione del gioco e se volete saperne di più dovete venire alla Tavola rotonda organizzata a Play dalla SAZ, a cui parteciperò anch'io.
Quindi a posto, ci vediamo lì. Possiamo andare a casa.

Come dite? Ormai ho lanciato il sasso e ne devo parlare già qui? Uff, per una volta che volevo svicolare...
Ok, dai.
Il fatto è stucchevolmente semplice: fra il costo di produzione e quello di vendita ci sono di mezzo le possibilità di guadagno dell'editore (e l'autore, ovviamente), il distributore, il negoziante e infine dello Stato, che ci mette su il 22% di iva alla fine.
Quindi, 1 euro in più di spesa per l'editore, per cubetti o bustine o qualsiasi altro elemento, si traduce in almeno 5 euro in più al pubblico ed è giusto che sia così.
Davvero, mi rendo conto che siano ragionamenti banali, ma esplicitarli mi aiuta a far capire meglio alcuni aspetti che vedo ancora troppo sottovalutati da parte della community ludica:
  1. Un gioco da tavolo è un prodotto decisamente complesso, da realizzare. Ho già spiegato in passato che non esiste una macchina che sforna giochi, ma ne esistono tante diverse che producono carta, cartone (no, non sono la stessa cosa e vanno incollati una sull'altro), legno, plastica, metallo, resina, biglie di vetro e altri materiali meravigliosi
  2. Il lavoro di un editore, sia che si tratti di un colosso multinazionale, sia che si tratti di piccole povere ditte come noi, consiste nello scegliere accuratamente ciò che va messo nella scatola, stando attenti a estetica, ergonomia, fruibilità, comprensibilità e, sinceramente, anche ad ogni singolo centesimo di costo di produzione, perché o alzerà il prezzo al pubblico, o ridurrà il margine di guadagno. Altre opzioni non ci sono.
  3. Il mercato, soprattutto per i titoli per appassionati dedicati solo al mercato italiano come quello da cui era partita la polemica, è ancora troppo piccolo per poter agire concretamente sul punto precedente. Su tirature piccole, i costi di produzione sono enormi e ogni singolo elemento può fare la differenza, anche per editori che sono spesso presenti in fiera e quindi possono vendere a prezzo pieno direttamente al pubblico (non illudetevi che questo appiani i conti: le fiere costano parecchio e comunque non è pensabile vendere solo lì saltando la normale filiera).
In conclusione, quindi, ripeto una frase già scritta tante volte, ma visto che non ho la presunzione di pensare che tutti conosciate a memoria i miei post, la ribadisco nuovamente: gli editori di giochi non sono entità malvagie e senza cuore che vi succhiano i soldi dalle tasche e che realizzano i giochi tritando bambini e trasformandoli in cubetti, ma persone appassionate che hanno avuto il coraggio o l'incoscienza di provare a creare qualcosa che, vi assicuro, può dare grandissime soddisfazioni.
Farsi strada in un mercato sempre più affollato e competitivo, rispettando richieste qualitative sempre più elevate e sapendo che ormai è normalissimo che gli acquirenti possano ordinare all'estero per avere prezzi migliori, è tutt'altro che facile. Portare in Italia titoli validi che possano far diffondere la cultura ludica anche al di fuori del nostro cerchio magico di forum e gruppi facebook è opera lodevole e meritoria, senza dubbio alcuno.
Poi per carità, le cazzate le possiamo fare tutti ed è più che legittimo che il pubblico critichi se ritiene che sia necessario, però almeno lasciatemi tentare di spiegare certi meccanismi di base, perché se una critica non parte quantomeno da lì, difficilmente potrà avere un minimo di sostanza.

A cosa ho giocato

Caligula
13 Minutes: the cuban missile crisis
Pandemic Legacy: Season 1
Sulle tracce di Marco Polo
Alta Tensione
Ca$h and Gun$ (2)
Takenoko
Diamant (2)
Wendake
Timebomb: Moriarty vs. Sherlock

  • E finalmente, con ingiustificabile ritardo, sono riuscito a intavolare Pandemic Legacy! Mettere insieme un gruppo di gioco disponibile a vedersi con regolarità almeno due volte al mese ha richiesto quasi due anni di ricerche, ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
    Doverosa premessa: a me Pandemic non ha mai fatto impazzire. Non sono un fan dei collaborativi puri di questo tipo, in cui un alpha player (che di solito è l'Avversario, che su queste cose è parecchio bravo) trova al volo la soluzione migliore e dice a tutti cosa fare (peggio ancora se in realtà non è neanche la soluzione migliore). Preferisco i giochi in cui ci siano dei traditori (qualcuno ha detto Battlestar Galactica???) o che impongano ai giocatori di decidere in fretta e/o senza poter condividere tutte le informazioni con gli altri (esempio classico: Space Alert).
    Devo però dire che questa versione Legacy, di cui tutti hanno sempre parlato benissimo, è davvero all'altezza delle aspettative. Nel momento in cui scrivo siamo a MARZO e sono già successe un sacco di cose super entusiasmanti. In qualità di proprietario della scatola, poi, mi sono anche occupato in prima persona di stracciare la prima carta. Son soddisfazioni!
    Insomma, al momento sta proprio rispettando tutte le promesse. A tutti i detrattori della modalità legacy dico che secondo me è davvero coinvolgente, al punto da trasformare un gioco nella media (pur arricchito da alcune meccaniche buone, su tutte quella di Contaminazione/Intensificazione che è davvero notevole) in un'esperienza di gioco incredibilmente appagante.
    E se alla fine non lo potremo più giocare... Ma chissenefrega!

venerdì 9 marzo 2018

Tre chiarimenti riguardo ai rapporti fra autori ed editori.

Entriamo subito nel vivo: scrivo questo post perché a quello precedente, dedicato fra le altre cose ai compensi per gli autori di giochi, hanno risposto moltissime persone, alcune delle quali mi hanno convinto a spiegare un po' meglio alcuni punti.

Iniziamo quindi dal più importante:
  1. Non sostengo affatto che un autore esordiente debba rassegnarsi a ottenere un 4-5% di royalties sempre e comunque. Alcuni si sono soffermati solo sulle percentuali che ho riportato e hanno mal interpretato il mio pensiero. Ogni editore ha la sua struttura, la sua rete vendita e, in una parola, le sue peculiarità. Alcuni editori offrono agli esordienti il 4% di default, altri il 7% (e Post Scriptum non appartiene a nessuna di queste due categorie, per la cronaca). Sicuramente la differenza è notevole, ma non è l'unico dato da valutare. In sostanza, quello che mi preme far capire è che una percentuale bassa non è per forza una truffa, nè una miseria. Ricordate sempre che un 4% su 10.000 copie è molto di più di un 7% su 1000.
  2. In realtà però il mio sfogo derivava più che altro da un atteggiamento in cui mi sono imbattuto più volte, ultimamente, ovvero quello di sfiducia nei confronti dell'editore. Quello che volevo sottolineare è che alcuni esordienti con cui ho parlato in prima persona (non tanti... ma troppi), mi sono sembrati molto timorosi nel confrontarsi con me, mentre altri mi sono sembrati arroganti. Credo che l'uno o l'altro atteggiamento dipendano dal carattere della persona in questione, ma siano entrambi figli di una visione in cui l'editore sembra quasi visto come un nemico, che abbiamo come scopo principale quello di fregare il povero ingenuo autore implume (fra l'altro, cambiandogli tutte le regole del gioco e rovinandoglielo irrimediabilmente). L'ho detto e ripetuto tantissime volte: autore ed editore devono formare una squadra, perché un gioco esca bene. Devono lavorare fianco a fianco per mesi e devono andare d'accordo. Se manca la fiducia iniziale, manca tutto.
    Il senso fondamentale del mio post è che non vanno posti paletti irrinunciabili su un unico aspetto della relazione (in questo caso, la percentuale di royalty). Dire "se a me non danno almeno il 7% non firmo mai" potrebbe chiudervi porte che invece vi converrebbe tenere aperte.
    Come ho scritto sopra, non dico che dobbiate accontentarvi, ma ciò non significa che sia giusto pretendere condizioni che l'editore non giudica congrue al progetto.
    A livello personale, tengo in grandissima considerazione l'impressione che l'autore mi fa, sia nel primo incontro, sia in quelli successivi, di persona o da remoto. Certo, il mio primo interesse è il gioco (ci devo vivere, pubblicando giochi, quindi devo essere convinto che siano davvero buoni), ma non posso prescindere dal fatto che con la persona che me lo sta offrendo dovrò rapportarmi a lungo, in continui scambi di idee e pareri. E se ogni volta che lo faccio, dall'altra parte c'è un muro... Beh, non si va da nessuna parte e al secondo contatto finisce che si chiude tutto e il gioco non va in porto.
    Poi, per carità: l'editore che vi vuole sfruttare ci potrà magari anche essere, eh. Io mica li conosco tutti. Però la norma è che se un editore fiuta un autore bravo, cercherà di soddisfarlo per poterci lavorare anche in futuro. Al di là dell'onestà, è semplice strategia imprenditoriale.
  3. Ultimo punto da chiarire, che forse non traspariva abbastanza dal post: la fretta è spesso cattiva consigliera! Non abbiate fretta di dire di sì o di no a un editore senza aver sviscerato tutte le possibili variabili: ovviamente dovete valutare anticipo, royalties e tempistiche, ma anche la storia dell'editore. In carriera mi è capitato di parlare sia con autori che mi hanno detto che preferivano cercare altrove perché i miei tempi sono piuttosto lunghi (è vero), o perché pensavano di trovare un editore più grande (in alcuni casi in effetti avevano ragione e anzi, almeno una volta io stesso ho detto "a me interessa, ma secondo me questo lo potresti piazzare a qualche colosso"), o che viceversa hanno deciso di pubblicare con me anziché con altri nonostante dovessero aspettare a lungo, perché ci tenevano a essere nel mio catalogo.
    E se avete dubbi o perplessità, parlatene chiaramente: la fiducia è un elemento importante in un rapporto e tutto entro certi limiti può essere contrattato, o quantomeno potreste ricevere una spiegazione che vi convinca del perché l'editore vi sta offrendo certe condizioni. Mal che vada, avrete maggiori elementi per valutare!
In una frase: non abbiate timori ad avanzare richieste, ma attenti con le pretese. Il vostro atteggiamento è parte integrante del prodotto che state cercando di vendere!