mercoledì 6 marzo 2013

Cannes: un esempio impossibile da seguire?


Durante l'ultimo weekend sono stato per la seconda volta al Festival dei giochi di Cannes e, come l'anno scorso, l'ho vissuta come una piccola vacanza, fra sole, mare e scorpacciate di croque monsieur e omelette, anche se non sono mancati playtest, accordi con clienti e, soprattutto, tanti giochi (fra cui le prime partite "ufficiali" di ThémAtik).
Forse sarà merito del clima spensierato con cui ho approcciato l'evento, però mi sono davvero goduto questa kermesse, ammirandone alcuni aspetti che, purtroppo, temo siano difficilmente replicabili in Italia.

Principalmente, si tratta di:
  • una vera fiera, (cioè di una manifestazione davvero ospitata in una struttura adeguata e non in una palestra o sotto una tenda);
  • a ingresso gratuito;
  • sulla Croisette, ovvero nella strada più importante della città (credo che la conoscano tutti, no?). 
Ciò comporta come naturale conseguenza un'enorme affluenza di pubblico, composto anche da famiglie, tanto che, nonostante la grandissima quantità di tavoli presente, è difficile trovare posto a sedere e se proprio si vuole provare un gioco, di norma bisogna aspettare.
L'offerta interna è molto variegata: oltre ai prevedibili colossi francesi della distribuzione, ci sono infatti anche aree dedicate ai microeditori, ai giochi tradizionali, al collezionismo e ai tornei. I videogame sono quasi del tutto assenti, mentre giochi per bambini come Playmobil e Kapla hanno grossi spazi.

Inoltre alla sera, dopo la chiusura della manifestazione principale, inizia il Festival OFF, sempre a ingresso gratuito, in cui viene messa a disposizione una grande sala per passare altre ore a playtestare (e fra l'altro i prototipi portati da Post Scriptum hanno avuto un notevole successo).

La sala è veramente gremita di gente, di età compresa fra i diciotto e i... boh?? (ricordo che l'anno scorso io e il mio Fido Famiglio facemmo provare il prototipo di Ark & Noah a due gentili signore francesi piuttosto agée, che lo avevano apprezzato molto).
Ovviamente si possono incontrare i volti noti del panorama francese, come Bruno CathalaBruno Faidutti e Thomas Vuarchex, (che mi ha anche offerto una pinta ed è quindi diventato il mio autore preferito di tutti i tempi), o operatori internazionali del settore (per l'Italia, ho visto e fatto due chiacchere con CranioAsterionWhat's your game? e Raven), ma la maggior parte dei presenti sono semplici appassionati che vogliono provare nuovi giochi e divertirsi, in un'atmosfera davvero produttiva e allegra (forse anche per merito del basso costo delle birre al bar).
Insomma, una serata da cui io e i miei compagni di viaggio siamo usciti soddisfatti e arricchiti di idee e di contatti che speriamo si trasformino in business ludico.


Detto questo, viene spontaneo riflettere sul perché in Italia non ci siano eventi di questo tipo.
Al di là di mille piccoli o medi eventi locali, che sono senz'altro gratuiti e divertenti (per esempio quelli organizzati dai ragazzi dell'area torinese, ma anche i nostri Giochi dell'Uva), ma che non raggiungono queste dimensioni, esistono alcune convention di pari livello, (penso per esempio a Play), ma  hanno l'ingresso a pagamento che scoraggia le famiglie e i giocatori occasionali, risultando quindi sostanzialmente diverse.
Qui da noi le grandi manifestazioni sono frequentate principalmente dagli appassionati, e non è raro trovare sempre gli stessi volti in ogni fiera. Anzi, alcuni gamers vedono addirittura come negativa la presenza di quelli che chiamano, in gergo che io trovo spregiativo, babbani, che invece affollano i corridoi del Palais des Festivals. Il fatto che tale struttura, sicuramente centrale per la città, offra spazio anche ai microeditori e permetta agli organizzatori di far entrare gratuitamente i visitatori, mi fa dedurre che ci sia, da parte della proprietà, e/o del Comune di Cannes, una sensibilità nei confronti dell'evento ben diversa rispetto a quella che si trova in Italia. Un organizzatore italiano difficilmente può far quadrare i conti senza mettere un biglietto d'ingresso, quindi è evidente che i costi che quelli francesi devono sostenere sono più bassi rispetto a quelli richiesti da noi. Si vede che i Francesi hanno capito che un evento ludico può e deve essere valorizzato, non solo perché il gioco aggrega e fa crescere, ma anche per l'indotto che crea in città e agli espositori presenti (quasi tutti Francesi).

Il fatto che la gente, in una giornata così, stia all'interno del palazzo ad affollare i tavoli e giocare, deve far riflettere.
E' una questione di cultura ludica, sia da parte degli avventori, sia da parte degli organizzatori e delle istituzioni.
Come sempre, i Francesi riescono a valorizzare le loro attività molto meglio di noi Italiani :(
Purtroppo, nessuno di quelli che potrebbero davvero far qualcosa leggerà queste righe, temo.
Ma chissà, io intanto le ho scritte... 

2 commenti:

  1. La mia impressione (parlo ovviamente da NON addetto ai lavori, ma da semplice avventore di fiere di giochi e fiere di fumetto) è che in Italia le fiere non siano organizzate con l'ottica promozionale, ma sempre commerciale.
    La differenza è poca, ma sostanziale. Nel primo caso, l'intento è quello di riuscire ad allargare il bacino di utenza, di far provare anche a chi non ha la minima idea di cosa accada e magari passa solo incuriosito, cosa siano le realtà mostrate in fiera. Questa persona, se sarà colpita positivamente, diventerà per forza di cose un cliente, anche se un po' più tardi.
    Nell'ottica invece commerciale si punta ad attirare quasi solamente le persone che in qualche modo sono legate al mondo. Attraverso alcune promozioni (a volte nemmeno così interessanti) si tenta quindi di acchiappare il cliente lì ed ora, facendo in modo di concentrare il suo budget all'interno dello spazio temporale "fiera" e magari, con un po' di fortuna, anche di anticipare i suoi acquisti futuri.

    Da avventore posso dire che l'ottica in qualche modo funziona, ma allo stesso tempo, nonostante io sia un appassionato, spesso mi allontana. Se devo spendere fino a 15 euro per il solo ingresso, quello che mi aspetto è di riuscire perlomeno a recuperare quei 15 euro negli acquisti. Se mi accorgo che il mio obiettivo sarebbe solo un curiosare e farmi un giro, oppure che al momento le finanze non me lo consentono, banalmente non partecipo alla fiera. Perdendomi, e di questo sono certo, anche occasioni di scoprire ad esempio giochi nuovi, autori interessanti e realtà ludiche.

    RispondiElimina
  2. Mah, dipende... Da visitatore, in fiere come Play pago volentieri il biglietto anche solo per giocare due giorni interi, però appunto io sono un appassionato. Una mamma con bambini probabilmente sta fuori.

    Riguardo al risparmio negli acquisti, ci deve per forza essere (in tutte le fiere ci si aspetta che ci sia), ma secondo me nella nostra mentalità occupa uno spazio troppo importante, sia da parte degli acquirenti che dei venditori

    RispondiElimina