lunedì 27 gennaio 2014

Global Game Jam 2014: la felicità è stare chiusi 48 ore in un politecnico.

Uno dei post più letti sul mio blog è stato quello in cui parlavo della Global Game Jam dell'anno scorso a Genova, in cui spiegavo perché, secondo me, i giochi possono essere una grande opportunità per uscire dalla crisi, soprattutto per i giovani che cercano lavoro.
Ovviamente, visto quanto mi era piaciuta quella, non potevo che replicare l'esperienza iscrivendomi a quella del Politecnico di Milano (per me decisamente più comodo da raggiungere). Anche quest'anno ero partito con l'idea di dedicarmi al videogame design, in cui ho ancora parecchio da imparare, ma alla fine le cose sono andate diversamente: alla Jam, infatti, ha partecipato anche Marco Valtriani (autore di giochi e fondatore di Board Game Designers Italia), che aveva chiesto pubblicamente se ci fosse qualcuno interessato ai giochi da tavolo. Il buon riscontro ottenuto mi ha spinto a mettermi a disposizione per fare due gruppi e accontentare tutti (scrivo così per far pensare che io sia generoso, ma la verità è che, man mano che sentivo parlare di giochi da tavolo, mi saliva sempre più la voglia di lavorarci). Io e Marco ci siamo così divisi i compagni di squadra, lasciando a lui i più interessati al game design puro e a me quelli attratti dal mondo dei giochi in scatola anche a livello più pratico (su questo punto c'è un chiarimento di Marco nei commenti, N.d.A.).
Ciò ha fatto sì che l'esperienza che ho vissuto fosse molto, molto diversa rispetto all'anno scorso: allora ero in team con gente più esperta di me, nel ramo videoludico, mentre questa volta ero io a fare da mentore a sei ragazzi di almeno dieci anni più giovani di me, sintetizzando le loro idee e coordinando i lavori.

Il tema di quest'anno, molto suggestivo, era la frase di Anais Nin "we don't see things as they are. We see them as we are" e devo dire che molte delle idee che ho visto l'hanno interpretata in modo originale e intelligente. Il risultato dei nostri sforzi è stato Pimp My Quest, un party game con forte componente narrativa in cui i giocatori impersonano dei bambini intenti a giocare per la città. Le regole sono abbastanza classiche, ma l'idea interessante è che la plancia si trasforma durante la partita: i luoghi della città diventano quello che i bambini vedono, quindi per il bimbo astronauta, il Parco sarà una rampa di lancio per missili e per il cavaliere una giostra medievale, oppure la Gelateria diventerà il saloon se vista con gli occhi del cowboy, una riserva di barili di rhum per il pirata o un bar dove bere un Martini shakerato per l'agente segreto.
La plancia di gioco a inizio partita
La città trasformata a fine partita
Di fatto, il mio lavoro è consistito nel selezionare, scremare, mettere insieme e ottimizzare le idee di Federico, Luca e Virgilio, ascoltando anche i consigli che Deborah, Elena e Ilaria riuscivano a darci nonostante fossero impegnate a disegnare furiosamente per consegnare tutto in tempo.
Il tutto, ovviamente, senza uscire dal Politecnico (non che non potessimo, è che non volevamo!), anche perché il servizio mensa è rimasto aperto per tutti e tre i giorni fino alle 21.30 e i pavimenti delle aule, per quelle quattro/cinque ore a notte che ci servivano, erano materassi comodissimi :)
Il "nostro ufficio" con annessi confortevoli posti letto.
Detto questo, non mi resta che ringraziare il Prof. Pier Luca Lanzi e tutti gli altri 287 jammers  (tantissimi!!!) che mi hanno fatto compagnia in questi tre giorni, mettendo ovviamente al primo posto i miei compagni di squadra.
Unico appunto che faccio all'organizzazione è la scelta di fare una premiazione finale con giuria. Capisco che a livello comunicativo l'evento risulti più efficace, visto che la prima domanda che tutti fanno è "cosa si vince?", ma penso che fare classifiche non sia molto in tema con lo spirito della Global  Game Jam. Lo dice il nome stesso: quando dei musicisti fanno una jam session nessuno si sogna di chiedere loro chi ha vinto, no? Ci sono altri eventi, come gli Startup Weekend per il mondo tecnologico, o il Flash Design per il mondo in scatola, che prevedono premi. A me piacerebbe che in quest'occasione, si potesse rispondere semplicemente "non si vince niente. Partecipiamo perché fare giochi è una gran ficata" :)

7 commenti:

  1. Concordo su tutto, compreso l'appunto.
    Ma ti faccio un appunto anche io.
    Dovendo descrivere la differenza di "approccio", io avrei detto che io (da autore) vedo maggiormente le questioni relative alla progettazione, tu (da editore) quelle relative alla produzione.

    Sono entrambe questioni pratiche, non farmi passare per uno con la testa fra le nuvole :)

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  2. Beh, "game design puro" non ha certo connotazioni negative, ma hai fatto bene a chiarire, grazie :)

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  3. Non era la frase in sé ad essere negativa, per carità,... a non piacermi è la contrapposizione con la frase "a livello più pratico". Lo sai che sono un rompicoglioni :)

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  4. Bellissimo articolo. Ho adorato il vostro gioco! Un po' anche perché è molto simile all'idea che ha sviluppato il mio team (anche se essendo la nostra prima volta non è andata così bene :P), ci giocherei subito!

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    1. Grazie mille :)
      In che team eri? Comunque secondo me la jam va sempre bene perché si impara sempre qualcosa!

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  5. La mia visione filosofica :) non si vince nulla l'ho espressa fino dall'inizio. Capisco anche che chi "ci guarda da fuori" si aspetti una risposta alla domanda "chi ha vinto?" "cosa ha vinto?" :) ed e' quindi stata una scelta secondo me giusta dare dei premi che consistevano in una stretta di mano :) e una foto sotto un titolo proiettato sullo schermo. Niente di piu'.

    Ha questa scelta svilito lo spirito della jam?

    Secondo me no, non tanto per qualche motivazione filosofica particolare quanto perche' non ho sentito nessuno dire X non meritava Y era il meglio o Z doveva vincere. E avendo organizzato/partecipato anche ad altri eventi dove il "vince X" era la parte forse piu' importante ho assistito mille volte a dei follow up estenuanti alla "90o minuto"

    Le persone che hanno partecipato hanno ovviamente capito lo spirito della jam e quelli che ci guardavano da fuori hanno avuto quella sintesi ("ha vinto X") che forse gli ha permesso di capire la jam nei termini che gli sono piu' consoni :)

    Ho scelto la giuria per un semplice motivo :) noi (intendo tutti i 290) eravamo stremati. Nessuno di noi avrebbe avuto la possibilita' o il tempo di fare probabilmente la cosa migliore, giocare i giochi e in qualche forma votarli :)

    Per la giuria ho scelto amici, simpatici che si occupano del settore e lo capiscono. :)

    Penso che sia in fondo andata bene anche perche tutti capivano la filosofia della jam (secondo me e a leggere l'articolo di Emilio)

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  6. Beh, che la Jam mi sia piaciuta credo che traspaia da tutto il post, a partire dal titolo :)
    Avendo partecipato dall'interno concordo con te che lo spirito sia emerso bene fra di noi. L'appunto era solo per una questione di visione esterna. Mi piacerebbe che in Italia ci fosse un pubblico pronto a recepire un messaggio del tipo: "siamo qui anche se non c'è niente in palio perché ci piace quello che stiamo facendo". Mi rendo conto che non è facile, perché io stesso mi sono sentito chiedere chi avesse vinto sia l'anno scorso che quest'anno, quindi capisco la vostra scelta. Diciamo che il senso del mio messaggio è: "la società in cui viviamo è già fin troppo competitiva. Cerchiamo di trasmettere l'idea che si possano fare grandi cose in grandi eventi, senza dover battere nessuno", tutto qui :)
    Poi ovviamente, nel momento in cui avete deciso di fare la premiazione simbolica, è stato giusto mettere una giuria esterna, su questo non ho nulla da obiettare.
    Comunque sia, complimenti ancora, sia per l'organizzazione, sia a te in particolare per lo spirito che hai trasmesso ai ragazzi: è bello vedere docenti così :)

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