I giochi visti da chi li fa e li fa giocare

I giochi visti da chi li fa e li fa giocare

martedì 3 luglio 2018

Maggio 2018: giocatori o accumulatori?

Spoiler (per chi ha la vista buona)
Uh! riguardando la cronologia di google, pare proprio che maggio sia stato un mese tranquillo in cui non ho partecipato a nessun evento ludico (o meglio, ESPRESSAMENTE ludico, visto che sono stato al Salone del Libro dove ho effettivamente avuto qualche incontro lavorativo). Ora, immagino già che fra voi che state leggendo ci possa essere l'organizzatore di Paesesperduto Comics & Games, che immediatamente mi scriverà per dirmi che gli farebbe immenso piacere se partecipassimo alla prossima edizione e la parte di me sempre immensamente soggetta a FOMO spingerà per rispondere che aderiremo con entusiasmo.
Però è pur vero che anche le domeniche in cui non ci si alza alle 5 hanno la loro importanza per una vita sana e bilanciata in cui si possa continuare a fare il proprio lavoro con entusiasmo, quindi preparatevi all'eventualità di ricevere risposte come "mi spiace, verrei volentierissimo in quell'amena località a soli 980 km da casa mia, ma quel giorno ho il corso di nausea/gara di orzoro".
Va beh, dopo questa pessima citazione molto anni '90 (se non l'avete colta, mi spiace per voi), passiamo ad argomenti più seri.

Sul fronte associazionistico non ci sono state grosse novità: la vita in SlowGame si è ormai stabilizzata molto bene nella nuova sede e sono persino riuscito a dedicare qualche serata al gioco anziché al lavoro. Purtroppo, sono riuscito a frequentare troppo poco le serate dei Custodi del Lago e questo mi spiace molto. La logistica si sta rivelando un problema più grave del previsto, per le mie povere ossa stanche. In compenso, non salto mai una serata alla Ludoteca Galliatese, dove spesso provo i titoli più nuovi (su questa cosa ci tornerò più in basso).

Il sito Sfoggiare Inutile Erudizione continua a sfornare contenuti di altissimo livello (anche se i miei sono quantitativamente minori) e non posso che consigliarvelo. Per dire, si è parlato di religione, di astronomia, di guerra, di malattie assai fastidiose e del padre del satanismo. Mi sembra che di carne al fuoco ce ne sia, no?

E veniamo a Post Scriptum, suvvia!
Abbiamo firmato un nuovo contratto! E quindi il numero di giochi non ancora annunciati, ma già sicuramente pianificati si è ulteriormente ampliato. Siamo già pieni per tutto il 2018 e il 2019... Anzi, abbiamo già qualche idea molto chiara anche per il 2020!
Su, dai, che l'ottimismo è il profumo della vita!

A cosa abbiamo lavorato
  • All'espansione di Wendake. Sì, ancora! Siamo sempre più vicini al risultato che vogliamo, ma per bilanciare bene tutto, servono tantissimi playtest... Ormai li facciamo quasi solo online, come vedete nella foto d'apertura del post, ma sono comunque molto fruttuosi. È vero che certe operazioni sono meno immediate, però non dover setuppare e desetuppare il gioco ogni volta è una gran comodità!
  • Al gioco con Demoelâ di cui ho aggiornato in precedenza. Visto che nel frattempo abbiamo anche pubblicato un paio di foto su Facebook, posso ormai dire che sarà sulle 5 giornate di Milano... Si sta rivelando un parto particolarmente laborioso, ma devo dire che il risultato a cui siamo giunti al momento è davvero incoraggiante.
  • Alla grafica di nuovi progetti ormai pronti a livello di regole, ma che vogliamo sottoporre ai nostri partner internazionali nelle prossime fiere, per vedere i loro occhi riempirsi di meravigliosa meraviglia.
  • Ad alcuni giochi promozionali, perché anche quelli fanno parte del lavoro e ci aiutano a portare avanti i nostri sogni e i nostri progetti.
  • Abbiamo poi rinnovato il nostro sistema contabile e amministrativo, il che ha portato via parecchio tempo (soprattutto a Sara. Anzi, diciamo che non vedevo l'ora di assumere una persona principalmente per farle fare questo lavoro). So che vorreste che ora mi dilungassi per pagine e pagine sulla categorizzazione dei prodotti, sull'applicazione dei codici iva e su altri ameni argomenti di pari interesse, ma temo che vi toccherà restare delusi.
Cosa hanno detto di noi

Grande protagonista del mese, ancora una volta, è stato Wendake!
La polemica del mese

Allora, non mi sono imbattuto in nessuna vera polemica, recentemente. Probabilmente ciò deriva dal fatto che ho trascorso meno tempo su Facebook, ma di solito quando ci sono grossi argomenti me ne accorgo. Il post che ho selezionato è quindi questo, che in realtà probabilmente è più scherzoso che polemico, ma l'importante è che sia un valido spunto di riflessione.
Per mia zia e quegli altri due lettori che non masticano l'inglese, l'immagine dice: "Sono giunto alla conclusione che comprare giochi da tavolo e giocarli effettivamente siano due hobby separati" e devo dire che sono d'accordo, anche se non è un fenomeno che si applica solo ai giochi da tavolo.
Il fenomeno degli acquisti compulsivi esiste da sempre in ogni settore, dai fumetti, alla musica ai libri di scacchi di cui è piena casa mia e di cui ho letto a malapena la metà (ormai da tempo ho fatto pace con me stesso e non mi illudo più che "li avrei letti se avessi continuato a giocare": so bene che se avessi continuato a giocare ne avrei comprati ancora parecchi altri).
Non sarò certo io a lanciarmi in una filippica sui mali del consumismo, sia perché non sono in grado di farlo, sia perché noi editori viviamo anche di questo :)
Frequentando gruppi Facebook e ludoteche, mi chiedo però quale sia la reale portata del fenomeno. A leggere quello che si scrive sui social (compresi i canali privati delle varie associazioni a cui sono iscritto), sembra effettivamente molto esteso: ogni nuova offerta su uno store online o ogni nuova partenza su Kickstarter fanno salire la scimmia a un numero di persone che personalmente trovo difficile da stimare. La sensazione è comunque che nell'ambiente dei gamers siano una percentuale considerevole, probabilmente maggiore rispetto a quella presente in altri settori. Forse il fatto è che il nostro hobby non è ancora conosciuto come fumetti, musica & Co., quindi chi arriva ad appassionarsi di giochi è già più predisposto a lasciarsi travolgere da essi, o forse c'entra anche il fatto che l'età anagrafica media dei giocatori è probabilmente più alta rispetto ad altre passioni e quindi generalmente si tratta di persone con qualche euro in tasca in più rispetto ad adolescenti e ventenni vari.
Fatto sta che la sensazione è che coloro che pensano principalmente al possesso dell'ultima uscita, anche a costo di non giocarla per mesi, siano parecchi. Ne sono prova anche alcuni bakers di Wendake che scrivono ora di aver appena aperto la scatola, chiedendoci spiegazioni su qualcosa o dando ora le loro impressioni da prima partita su BGG. E, almeno in un caso, si è trattato di una persona che mi aveva scritto più volte per sincerarsi che il pacco fosse partito e per chiedere dove fosse (pur non essendoci stati particolari ritardi: eravamo nei tempi promessi).
Aveva fretta di riceverlo, ma l'ha giocato 7 mesi dopo, e la cosa non mi stupisce.
Un po' accade lo stesso che accadeva con i miei libri di scacchi: ci vuole un secondo per acquistare con un click, ma poi per leggere o giocare ciò che è arrivato ci vuole del tempo, quindi per chi ha clickato tante volte, l'accumulo di arretrati da smaltire sarà fisiologicamente sempre più grande.
Veniamo però alla vera domanda che scaturisce da tutto ciò, ovvero: è un male se questo succede?
Beh, visto nell'ottica della società consumistica a cui accennavo prima probabilmente sì, ma non è davvero questo il posto in cui dibattere di questi massimi sistemi (o meglio, potete farlo voi nei commenti, e probabilmente non riuscirò a trattenermi dal rispondere, ma non mi arrogo il diritto di dare le mie opinioni in merito qui nel testo).
Diciamo che è un impulso umano molto radicato e parecchio comune (di nuovo: se questo impulso venga dalla sopracitata società è un tema che qui schiverò con la grazia che mi contraddistingue) e quindi non è giusto ricoprire di biasimo chi ne sia coinvolto.
Tutto sommato, queste persone non sono che la punta dell'iceberg di un mercato che sta andando sempre più verso materiali curatissimi ed edizioni deluxe: al di là di chi proprio brama il possesso di oggetti sempre più lussuosi e lussuriosi, anche l'acquirente occasionale è sempre più esigente da questo punto di vista. E questa tendenza, pur significando un sacco di lavoro extra per noi poveri vituperati editori, ha oggettivamente portato un miglioramento nei prodotti. Le loro componenti sbrilluccicose attirano senz'altro di più rispetto ai soliti vecchi e banali dadi, carte, pedine e tabelloni e possono destare curiosità anche nei passanti occasionali, contribuendo alla crescita del nostro settore.
Certo, il rovescio della medaglia che escano giochi dai regolamenti farraginosi e mal testati esiste, eh. Chi dice che ormai si bada solo ai materiali trascurando le regole è decisamente troppo assolutista (esistono giochi con materiali belli e regole ottime, in giro. Per esempio, lo conoscevate questo?), però in parecchi casi non ha tutti i torti. A questo proposito, però, che dire? A chi ha la smania da accumulo, probabilmente nulla: spesso c'è una componente irrazionale che va oltre alla fredda realtà oggettiva e tutto sommato non c'è nulla di male a comprare qualcosa che piace, anche solo a livello visivo e tattile, quantomeno fino a che non si va al parco a puntare una miniatura infetta contro i passanti per rubare i soldi per la prossima dose.
A tutti gli altri, invece, dico di cercare di conoscere qualcuna di queste persone, così da poter giocare le loro copie dei giochi più sulla cresta dell'onda (anche se c'è il rischio che li intavolino un anno dopo), per poter così decidere se valga la pena acquistarli o no. A volte, ve lo assicuro, ce ne sono di validi anche fra quelli che vanno di moda.
È anche così che il verbo si diffonde.

A cosa ho giocato
Anche questo mese non darò pareri sui giochi provati, anche se alcuni di essi mi sono piaciuti molto. Ho deciso che scriverò le mie opinioni solo quando ci sarà qualcosa di davvero importante da dire, così magari ci metto un po' meno a scrivere questi post :)
Ecco dunque la fredda lista!

Kepler-3042
Clans of Caledonia
Timebomb: Sherlock vs. Moriarty
Pandemic Legacy: stagione 1
Wendake
Fuorisalone
Spywhere
Omegha: il gioco
Santa Maria
Glen More
Fields of green
Saint Petersburg
San Juan
Port Royal
7 Wonders
Dominion
7 Rosso
Clank!

venerdì 1 giugno 2018

Aprile 2018: editori incapaci o commentatori saccenti?

In prima fila, Dorothy. In seconda fila decidete voi...
Sì, sì, lo so... Tutti vi aspettate che il blog di aprile inizi parlando di Play, ma dovrete aspettare qualche riga, perché prima devo fare due importanti comunicati ufficiali!
Il primo, da me attesissimo, è l'allargamento del team!
Ormai ne sentivo la necessità da parecchi mesi e finalmente io e i miei soci ci siamo decisi ad assumere una persona che ci aiutasse con la gestione della compagnia. Ecco quindi Sara, che potete vedere nella foto d'apertura. Dite ciao a Sara!
Sara sta affiancando Tambu nell'art direction e nella realizzazione di materiale grafico (le abbiamo anche fatto fare alcune illustrazioni, di cui siamo decisamente soddisfatti), e soprattutto sta aiutando me nelle questioni amministrative e pratiche, permettendomi di organizzare meglio tutti i lavori da cui sono sempre circondato, occupandosi in prima persona di parecchi di essi.
In pratica, Sara è ormai diventata la Pepper Potts di Post Scriptum: ora dobbiamo solo trovare un Tony Stark e siamo a posto!



Secondo comunicato: Wendake sbarca (o forse, sarebbe meglio dire "torna"?) in America, grazie a Renegade, che già aveva localizzato Kepler-3042! Siamo molto contenti di aver rafforzato la nostra partnership con loro e non vediamo l'ora che i nostri Nativi preferiti si espandano in tutto il continente. Qui trovate l'annuncio ufficiale.
Per chi se lo chiedesse: no, stavolta non rifaranno le illustrazioni. Sarà identico alla nostra versione, ad eccezione del fatto che sarà solo in inglese.

Ok, veniamo quindi agli eventi, inziando ovviamente da Play, in cui avevamo uno stand grande il doppio rispetto all'anno scorso.
Il weekend è iniziato dal venerdì, con Play Trade, in cui ho anche tenuto un paio di conferenze, di cui trovate le slide sulla nostra pagina Instagram, su cui fra l'altro ci sono un sacco di immagini della fiera e anche le splendide infografiche sui nostri giochi, che trovate anche in questo album Facebook.
Ah, come siamo fighi e social, noi di Post Scriptum!
Stavo dicendo?
Ah, sì, Play Trade.

La nostra postazione a Play Trade
Per essere una prima edizione, direi che è stata molto interessante: c'era parecchio pubblico, c'erano tanti espositori, c'erano tanti eventi. A dire il vero, secondo me erano persino troppi, per una sola giornata: l'unica vera critica che ho alla manifestazione è che mi sono trovato sballottato in giro per tutto il giorno, correndo verso l'impegno successivo. Addirittura, alcuni si sono accavallati e ho dovuto rimandare alcuni incontri al sabato, che sarebbe dovuto essere il giorno dedicato solo alla fiera.
Insomma: un buon inizio. Ora si può migliorare.
La fiera in sé è andata piuttosto bene, per noi: ci siamo trasferiti nel padiglione B per poter raddoppiare le dimensioni del nostro stand e la scelta pare aver funzionato, visto che i nostri tavoli sono sempre stati pieni tutto il tempo.



Anche il nuovo gioco annunciato per l'anno prossimo (il-german-che-attualmente-chiamiamo-Masamune) è stato molto apprezzato, come vedrete poi nella sezione dedicata ai link. In generale, ci hanno detto tutti che è all'altezza dei suoi predecessori, e ne siamo convinti anche noi.
Ultima nota: Danilo si è aggiudicato il premio come miglior autore italiano scelto dagli utenti di Board-Games.it, che fa sempre piacere :)


Prima di passare al prossimo punto, inserisco al volo qui qualche considerazione su una polemica che ha tenuto banco dopo la fiera (lo so che la sezione delle polemiche è un'altra, ma state tranquilli che c'è anche stavolta), cioè l'annosa questione delle demo, che già avevo trattato dodici mesi fa e vi rimando al mio vecchio post, perché la penso ancora allo stesso modo.
Aggiungo che, per quanto riguarda i nostri giochi Placentia, io personalmente penso che sarebbero sempre da provare dall'inizio alla fine, perché una componente presente in molti di essi è il senso di crescita che si avverte durante la partita e, spesso, vista la loro complessità, non è proprio possibile valutarli in mezz'ora. In generale, sono abbastanza convinto che chi afferma di poter capire in pochi turni qualsiasi gioco stia sopravvalutando sé stesso, perché molte volte non è possibile, come dirò poi anche nella sezione dedicata alla Polemica vera e propria (disclaimer: se tu che stai leggendo sei un autore a cui ho detto la stessa cosa, probabilmente il tuo gioco aveva un difetto di design, o comunque una caratteristica che lo rendeva inadatto al nostro catalogo, che si vedeva fin da subito).
Poi, nella realtà dei fatti, in fiera di solito il team che si occupa dello stand fissa dei tempi massimi per la partita perché deve gestire le tante richieste di demo che riceviamo. Io li lascio liberi di agire come meglio credono, tanto per me è fondamentale che il lato B2C possa essere gestito interamente senza di me, che di solito sono in altre faccende affaccendato. A Modena facevano demo di un'ora e mezza compresa spiegazione, che di norma lasciavano soddisfatti tutti.

Doverosa citazione anche per Torino Comics, dove abbiamo avuto uno stand in area games. Come di consueto, a farla da padrone in questa manifestazione è stato Drizzit, di cui abbiamo ormai esaurito la scatola base, che abbiamo in programma di ristampare.

Abbiamo inoltre partecipato alla Gioca Con di Piacenza, come ogni anno, dove ci siamo dedicati a playtest matto e disperatissimo... E abbiamo portato a casa un nuovo prototipo ;)

A cosa abbiamo lavorato
Beh, una volta passata la frenesia da fiera abbiamo proseguito il lavoro di sviluppo sui vari giochi:
  • L'espansione di Wendake ci piaceva già due mesi fa, ma abbiamo deciso di non accontentarci e proseguire cercando nuove strade. Sinceramente, abbiamo perso un paio di settimane cercando di introdurre un nuovo concetto che ci piaceva molto sulla carta, ossia il fatto che Inglesi e Francesi venissero a ostacolare i Nativi, ma purtroppo l'esperienza di gioco era molto più frustrante di quanto ci aspettassimo. La cosa buona è che da quei tentativi andati a vuoto sono uscite idee molto interessanti, che ci stanno convincendo parecchio e che sembrano davvero ben indirizzate.
  • Ovviamente, a mente fresca dopo Play, abbiamo dedicato qualche sessione anche a Il-german-che-attualmente-chiamiamo-Masamune e ci convince sempre di più, di partita in partita. Questo è per l'anno prossimo, ma ci teniamo a lavorare con parecchio anticipo per evitare le super corse degli ultimi due anni.
  • Abbiamo dedicato parecchie ore alla grafica dei giochi più leggeri. Per la precisione, tre party games e un family. Ancora non sappiamo quando usciranno, ma l'obiettivo è PRIMA POSSIBILE, perché secondo noi meritano.
  • Abbiamo inoltre proseguito il lavoro sul nuovo progetto con Demoelâ, di cui parlo ormai tutti i mesi senza dire nulla... Ma prima o poi lo farò!
  • Approfittando di Torino Comics, abbiamo messo giù il piano dell'opera della terza espansione di Drizzit, perché ormai il fumetto sta per volgere al termine e anche il gioco deve fare lo stesso.
  • Sempre a proposito di Drizzit, abbiamo pubblicato le carte Print&Play di Ugi da Quaggoth. Godetevele!
Cosa hanno detto di noi
  • Iniziamo da Wendake, con questa recensione di Balena Ludens. Sì, sì, è positiva... Ormai dovreste esserci abituati! :)
  • Stiamo sempre in tema, con una nuova intervista a Danilo Sabia su Giocareinscatola!
  • Passiamo invece a il-german-che-attualmente-chiamiamo-Masamune, di cui ha parlato Gioconomicon (sì, questo è uscito a maggio, ma si lega a Play, quindi lo segnalo in questo post... Che peraltro sta uscendo a giugno...).
  • Sempre di Masamune si parla anche in questo articolo post Play su Board-games.it...
  • ...E nella relativa diretta streaming.
  • Per finire, segnalo questo articolo su OggiScienza in cui si parla di giochi scientifici, e che non poteva che iniziare con S.P.A.C.E. e Kepler-3042!

La polemica del mese
Il post da cui prendo le mosse questa volta è questo, che non ha invero scatenato accesissime polemiche, ma offre parecchi spunti interessanti ai miei occhi.
Vado quindi di seguito ad elencarli:
  1. Sempre la solita solfa, sempre la solita minestra, questo Mario Sacchi scrive sempre le solite cose, uff.
    Sì, lo so, ma che ci devo fare? Alla fine pare proprio che il pettine a cui vengono tutti i nodi sia sempre il solito mercato ipertrofico: escono tantissimi giochi, sempre di più, e questo crea, fra mille altre conseguenze, anche le due che cito qui sotto:
  2. Sì, succede che escano giochi mal testati, a volte. In realtà è sempre successo, perché la lotta con le tempistiche esiste da quando esiste questo mestiere, ma ultimamente il problema si sta probabilmente acuendo. E a volte le tempistiche impongono di tagliar corto e andare in stampa(*), sacrificando la grafica, o l'ergonomia, o la qualità dei materiali, o il game design.
    Oppure succede perché non tutti gli editori sono poi così bravi e può capitare che sbaglino. Può anche capitare ripetutamente, come certamente anche voi avrete visto in alcuni casi.
    Come ho già scritto più volte, fare l'editore è un lavoro parecchio complesso, fatto di mille diverse fasi. Senza considerare tutta la parte amministrativa e quella commerciale, che pure portano via un sacco di ore e richiedono sforzi notevoli (ma che sono comuni a tutte le realtà imprenditoriali), va detto che la creazione di un gioco è davvero fatta di tante diverse competenze, che si devono incastrare alla perfezione. Di norma, include il lavoro di parecchie persone, magari che parlano ognuna la propria lingua, che devono essere coordinate al meglio perché un singolo errore di uno, che è sempre in agguato, può diventare un serio problema sul prodotto finale.
    Ovvio che comunque non è una scusante: se un prodotto è davvero buggato, o se ha una grafica incomprensibile o materiali pessimi, l'editore ha lavorato male, senza se e senza ma. Di casi simili me ne vengono in mente parecchi.
    Però, a volte non è questo il caso...
  3. Già, perché a volte il problema non sta davvero nel gioco, bensì nell'utente. Un'altra conseguenza del punto 1 è che spesso i giocatori hanno fretta di recensire un gioco perché presto ne avranno altri, quindi corrono a dare le loro valutazioni dopo una sola partita, a volte neanche completa. È vero che questo tipo di giocatori spesso ha davvero una grande esperienza, a livello di titoli provati, proprio perché non vede l'ora di giocare al successivo, ma può essere che tale esperienza si traduca più in un'esigenza di criticare, che in reale competenza per farlo, soprattutto nei casi citati dal post linkato, che parla espressamente di giochi apprezzati dalla critica, e soprattutto se tutte queste partite sono appunto PRIME partite, magari neanche complete.
    A volte succede proprio ai giocatori più appassionati, che cadono nel circolo vizioso del i giochi da tavolo sono la mia super passione -> li voglio provare tutti tuttissimi subito -> li voglio sempre più fichi e perfetti -> me ne piace uno ogni dieci -> quello che mi piace lo rigioco all'infinito, degli altri nove scrivo peste e corna sui social perché sono un appassionato e parlare di giochi mi interessa più di qualsiasi altro argomento. So bene che è una dinamica comune a molti altri settori, ma secondo me non è particolarmente positiva in nessuno di essi. Intendiamoci: il feedback dei giocatori a volte è preziosissimo e spesso e volentieri l'ho tenuto in grande considerazione in fase di sviluppo prodotto. Altre volte però mi sembra sia proprio solo figlio della voglia di dimostrare la propria (presunta) competenza.
    Faccio un paio di esempi che riguardano i nostri giochi, per far capire meglio a cosa mi riferisco:
    • "Ah, guarda, con Wendake ci avete preso, ma Kepler proprio no: le carte Progresso casuali rovinano completamente il gioco. Io non sono neanche riuscito a finire la prima partita".
      Ok, per carità... Tutti i pareri sono legittimi e se uno non riesce a finire una partita perché trova una regola così insopportabile, io non sono nessuno per giudicare i suoi gusti. Però il fatto che me lo venga a dire in fiera con tale sufficienza, aggiungendo pure che Wendake l'abbiamo azzeccato (wow! Che fortuna averlo azzeccato! Neanche ci avessimo fatto due anni di playtest intenso, eh...) mi ha davvero irritato. La regola in questione è stata provata con una marea di gente per oltre un anno, durante una pletora di partite e l'abbiamo inserita nel gioco nella formulazione che a nostro parere funzionava meglio. E per carità, noi siamo fallibili, come tutti, però vedere la spocchia con cui un giocatore qualunque si stava rivolgendo all'editore di un gioco che aveva ricevuto la quasi totalità di critiche positive mi ha davvero fatto girare le scatole (ah, come bisogna essere educati, qui sul blog!). Ma più che l'opinione in sé, mi ha seccato il fatto che tale opinione venisse presentata come un fatto, incontrovertibile e assoluto... E scaturito da una partita neanche finita.
      Sgrunt.
    • "Eh, sì, Wendake è carino, ma si vede proprio che la scala delle maschere l'avete aggiunta all'ultimo per far quadrare le cose. Peccato, avreste potuto fare di meglio, ma si capisce che avevate fretta".
      No. La scala delle maschere esiste fin dal primo prototipo e anzi è una delle poche meccaniche che è  giunta nel prodotto finale senza alcuna modifica, perché Danilo era partito dall'ambientazione e questo ne è un aspetto fondamentale (praticamente, è ciò che distingue gli Irochesi da tutte le altre tribù).
      Questo secondo esempio non mi ha dato fastidio quanto il primo, forse perché mi è stato espresso con un sorriso, ma analizzandolo non è poi così diverso. La critica sul fatto che la scala maschere sia slegata dal resto è accettabile, per carità. Lo sappiamo anche noi, e abbiamo deciso di tenerla perché ci piaceva lasciare un modo di fare punti che fosse indipendente da ciò che succedeva sulla plancia di gioco.
      Quello che invece disturba è l'accenno alla meccanica aggiunta in fretta e furia alla fine. Spiace, perché dopo anni a testare giochi fino alla nausea per sfornare prodotti sempre accolti benissimo dalla critica, fa male che qualcuno pensi che lavoriamo così.
      Per carità, non sto dicendo che  la gente non debba più esprimere le proprie opinioni sui giochi, eh. Anzi, sono importanti e spesso interessanti. Dico solo che, nella maggior parte dei casi, le scelte editoriali (comprese quelle di game design) hanno alle spalle precise motivazioni, e che liquidarle con sufficienza senza un'analisi approfondita è sbagliato. Precipitarsi online a sparare fango su un gioco prima di tutti gli altri non ha alcun effetto positivo sul settore, né sulla propria reputazione. Si generano solo flame dannosi, che presto fanno stancare la gente e che danno l'idea di una community con la puzza sotto il naso. Poi è chiaro che le critiche meritate esistano e siano anche utili, ma se vengono sommerse da quelle immotivate, rischiano di sparire nel mare di fastidio.
In conclusione: stiamoci attenti noi editori, a far uscire dei prodotti in grado di soddisfare il pubblico appassionato, ma stia attento anche il pubblico appassionato a non avere troppa fretta di valutare.
Il discorso si ricollega anche un po' a quanto scritto sopra riguardo alle demo in fiera e in particolare a chi sostiene che "in mezz'ora di partita si riesce a valutare qualsiasi gioco".
No, ragazzi. Io cito i miei giochi perché sono quelli che conosco, ma vi assicuro che né Kepler, né Wendake (né nessun altro gioco di Placentia) sono valutabili in mezz'ora di partita, davvero.
Giocateli bene, questi giochi. Date loro la possibilità di conquistarvi. Vi assicuro che ne vale la pena.

(*)
È successo anche a noi, a volte, di cedere alla fretta su qualche aspetto del gioco, ma si trattava sempre di questioni che ritenevamo del tutto secondarie. I prodotti effettivamente usciti ci hanno sempre convinto in pieno. In più di un'occasione abbiamo rimandato l'uscita di un gioco perché per noi non era pronto.

A cosa ho giocato

Alhambra
The Game
La Granja
Drizzit: il gioco di carte, con tutte le espansioni (3)
Wendake (4)
Deep Sea Adventure (3)
The mind (2)
Imhotep (2)
Panico da pecora (2)
Castles of Burgundy
Santorini
St. Petersburg
  • A volte mi imbatto in giochi semplicissimi, ma con un twist geniale e penso "ma perché non è venuto in mente a me?" The mind è un perfetto esempio di questa categoria. 100 carte, 2 regole e una tensione pazzesca. Già mi aveva affascinato Kreus, relativamente a questa tipologia, ma The mind riduce ancora più tutto all'osso e si presenta come una meccanica pura, pulitissima ed elegantissima.
    So che molta gente lo potrebbe odiare, perché il divertimento sta tutto nel metagame, ma da parte mia, davvero, chapeau!

lunedì 30 aprile 2018

Marzo 2018: i giochi di miniature rovinano il mercato?

Scrivere il post di marzo dopo aver già vissuto tutte le emozioni di Play, svoltasi ad aprile (in occasione della quale abbiamo anche inaugurato il nostro profilo instagram), è sempre un po' strano, ma una delle caratteristiche di noi editori è la capacità di astrazione (di solito, usata per capire che un gioco è brutto già solo leggendo le regole), quindi vedrò di applicarla.

Iniziamo subito dagli argomenti più importanti, ovvero quelli di cui si è parlato sul blog Sfoggiare Inutile Erudizione: Piccioni che guidano bombe, donne intelligentissime, tortillas con volti famosissimi, eroici marinai, calciatori cialtroni, Stephen Hawking e i viaggi nel tempo, San Patrizio e i serpenti, efferati assassini, viaggi spaziali e persone colpite da meteoriti.
Se non basta questo a solleticare la vostra curiosità, siete dei bruti, sappiatelo!

Va beh, parliamo di giochi, cominciando dalla vita associativa e dagli eventi: il secondo mese nella nuova sede di SlowGame è andato alla grande e siamo tutti molto soddisfatti dell'accoglienza e degli spazi. Abbiamo in mente di allargare ulteriormente le attività e, pian pianino, tempo permettendo, lo faremo.

In veste di editore, invece, sono tornato al Politecnico di Torino per il consueto workshop per gli studenti della facoltà di design (ne avevo parlato qui, qualche anno fa). In un vecchio post dicevo di essere triste perché in un'occasione, l'esperienza del Politecnico mi aveva suscitato amare riflessioni sulla cultura ludica in Italia. Non dico che le cose siano radicalmente migliorate, ma un po' sì: gli studenti di quest'anno conoscevano molti più giochi moderni, rispetto al passato e penso che sia un piccolo segnale di inversione di tendenza. Chiariamoci: so benissimo che non è un campione su cui trarre alcuna conclusione, eh. Però mi ha fatto piacere.
Penso che il lavoro fatto negli ultimi anni dai tanto odiati (da qualcuno) addetti ai lavori, stia dando sempre più frutti. Sia che si tratti di associazioni o blogger, sia che si tratti di creatori come noi, sia che si tratti di localizzatori molto presenti in fiere e negozi. Come ho già avuto modo di scrivere in passato, chi sceglie di fare questo lavoro lo fa principalmente per passione. Ovviamente poi ci deve anche lucrare, ma non è un settore che offra particolare ricchezza: il mercato, soprattutto italiano, è ancora piccolo e i rischi sono ancora tanti. Facciamo quello che facciamo principalmente perché ci piace e perché è una soddisfazione personale impagabile, riuscire a vivere delle proprie passioni.

Va beh, dopo questa botta di corporativismo, passiamo alla sezione probabilmente meno interessante, per la maggior parte dei miei lettori (ma voi, minor parte che invece la leggete con interesse, siete delle persone fantastiche. Bravi! Vvtb).

A cosa abbiamo lavorato
  • Marzo è tipicamente un mese di transizione, fra Norimberga e Play, e l'abbiamo trascorso come tale, principalmente lavorando per allargare il nostro team (ne parleremo meglio il mese prossimo, ma i frutti già si stanno vedendo) e per preparare lo stand di Modena, che doveva essere, ed è in effetti stato, grande il doppio rispetto all'anno scorso.
  • Abbiamo continuato il lavoro sul nuovo gioco con Demoelâ e sull'espansione di Wendake. Entrambi i progetti ci stanno mettendo di fronte a delle notevoli sfide di game design, ma abbiamo tirato fuori una marea di idee per superarle e questo mi riempie di entusiasmo. È sempre la parte del lavoro che mi piace di più.
  • Stiamo anche finalizzando dal punto di vista produttivo alcuni party games che abbiamo sotto mano da tempo. L'ultimo uscito è Brick Party, nel 2015, e vogliamo assolutamente proseguire su questa strada. Tanta gente mi chiede perché stiamo trascurando questa linea e io rispondo sempre che non è vero che lo stiamo facendo. Semplicemente, è molto difficile trovare dei giochi davvero WOW di questo tipo. Ne abbiamo sottomano tre o quattro e stiamo lavorando all'edizione, che dev'essere perfetta. Non sappiamo ancora in che ordine usciranno, ma speriamo che vedano tutti la luce.
  • Beh, un po' di lavoro (non tante ore, ma molta concentrazione) è stato anche dedicato al controllo dei file delle versioni estere di Kepler-3042 e Wendake, che speriamo vengano annunciate al più presto dai nostri partner :)
    Ormai anche i nostri german riescono a fare numeri davvero interessanti e questo ci fa molto piacere! :)
  • Oh, abbiamo anche firmato un nuovo contratto, eh! È successo di soppiatto a Cartoomics, mentre eravamo impegnati a girare per gli stand di fumetti per comprare dei cartonati di Batman ;)
    Per ora è ancora tutto top secret, ma secondo noi il gioco è super spettacolare. Inizierò a far trapelare qualcosa quando avremo abbastanza materiale.
Cosa hanno detto di noi
  • Dadocritico ha dedicato una delle sue storie (perché chiamarle recensioni sarebbe riduttivo) a Wendake, ovviamente con parole d'elogio per Danilo, di cui è un fan della prima ora.
  • Una vera e propria recensione (sempre di Wendake) invece è quella sulla Tana dei Goblin, che apprezzo molto perché l'autore, Rosengald, dice che all'inizio il gioco non lo aveva colpito particolarmente, ma poi ha voluto dargli una seconda chance e l'ha apprezzato riprovandolo. Grazie mille!
  • Conseguentemente alla recensione, Wendake è stato citato, sempre con parole di elogio, anche nel Tg Goblin!
La polemica del mese

Ovviamente, prima della stesura di questo post ci sono state un sacco di polemiche post Play, ma sono abbastanza simili a quelle dell'anno scorso, quindi ne ho scelta un'altra. Visto che comunque il mese prossimo parlerò della fiera, non escludo di dedicare un po' di spazio extra anche ad alcuni argomenti su cui potrei voler dire qualcosa. Vedremo.
Quello di cui invece mi interessa parlare qui è l'argomento sollevato da questo post, che non a caso ha suscitato oltre cento risposte, alcune delle quali molto interessanti.
Nel post si toccano principalmente tre punti, che sintetizzo in:
  1. I giochi con miniature stanno facendo alzare troppo i prezzi e rovinando il mercato;
  2. Kickstarter fa fare successo a giochi non meritevoli e rovinando il mercato;
  3. La classifica di BGG segue solo le mode del momento e non vale nulla.
Veniamo quindi alle mie considerazioni in merito (spoiler: su uno di questi tre punti sono d'accordo... Indovinate quale??), che con un inaspettato plot twist non dividerò in tre capitoli, perché secondo me funziona meglio un discorso organico. Ah! Quanta dedizione e quanta accortezza che metto in questi post!
Iniziamo quindi parlando dei materiali e dicendo che, sì, è innegabile che negli ultimi anni, anche a causa di alcune campagne Kickstarter di successo, gli standard si sono alzati moltissimo, ma con essi anche i prezzi di vendita di molti prodotti. Questo ad alcuni fa storcere il naso, perché, come dice l'autore del post, prima si potevano trovare giochi a 20/30 euro con materiali discreti e regole ottime, mentre ormai costano tutti di più. Io sinceramente, da giocatore, sarei anche d'accordo: per me le regole sono la parte più importante di un gioco e basta che materiali e grafica siano adeguati e per me vanno bene, non scelgo a cosa giocare basandomi su questi aspetti.
Anzi, giudico del tutto comprensibile la sua posizione, tanto che davanti a certi prodotti ho avuto pensieri simili.
Però...
Però ci sono almeno tre considerazioni da fare:
1: ogni anno escono migliaia di nuovi giochi e il pubblico, per potersi orientare fra un'offerta così spaventosa deve partire da qualcosa, e spesso questo qualcosa sono i materiali. Tambu stesso lo disse subito, al suo ingresso in società: "se non riusciamo ad attirare l'attenzione con un grande packaging, possiamo avere le regole migliori del mondo, ma nessuno se ne accorgerà". E io subito gli risposi che aveva assolutamente ragione e ne approfittai per nominarlo seduta stante art director di Post Scriptum e scaricargli addosso tutti i compiti che questo ruolo richiede (N.b: non basta venire a dirmi una cosa giusta per vedersi immediatamente attribuito un ruolo in Post Scriptum. È un privilegio riservato solo a chi è già socio dell'azienda).
2: anche se di giochi ne uscissero un decimo, è comunque riduttivo badare solo alle regole. Un gioco è un prodotto complesso, fatto sia da meccaniche che da grafica e chi lo valuta nell'insieme va ascoltato.
Di nuovo: io DA GIOCATORE bado più alle regole che ad altro, ma mi accorgo che per la maggior parte delle persone con cui mi interfaccio non è così, e non solo in campo ludico.
Prendiamo ad esempio i film, così abbiamo un campione statistico immensamente più ampio rispetto a quello di appassionati di giochi. A me, personalmente, interessano solo la trama e soprattutto i dialoghi. Faccio caso alla recitazione degli attori se è particolarmente buona o particolarmente cattiva. Di regia, fotografia, effetti speciali, montaggio e altro non capisco assolutamente nulla (anche perché di norma guardo i film sul pc, fermandomi ogni 2 minuti per fare altro, ma non ditelo a nessuno) e quindi non ci bado. Quando però ho parlato di ciò a Sara (di cui vi parlerò nel prossimo post, giusto per farvi aumentare la curiosità), lei mi ha risposto "ma non serve che tu ci capisca nulla, Mario. Un'immagine, un'inquadratura, una scelta estetica ti possono emozionare tanto quanto la trama, anche inconsapevolmente, perché anche quelli sono aspetti che fanno parte del film". Anche in questo caso le ho dato ragione e le ho assegnato un  sacco di ruoli in Post Scriptum (N.b: ok, non era davvero un privilegio riservato ai soci, ma ormai l'unico posto da non socia se l'è preso lei).
E il discorso è proprio questo: LA MAGGIOR PARTE delle persone che conosco guarda oltre alla trama! Anzi, osserva e dà grande importanza agli aspetti più estetici di un film. E allo stesso modo LA MAGGIOR PARTE degli appassionati di giochi guarda oltre alle regole, a maggior ragione alla luce della sovrabbondanza citata nel punto 1.
Di fatto, anche se è vero che certe grandi aziende possono trainare un mercato e imporre delle tendenze, è sempre chi compra a decidere. Se tutti vogliono i materiali megagalattici, evidentemente l'esigenza c'è, e per uno che preferirebbe spendere meno, ce ne sono nove che invece si coccolano il loro nuovo gioiellino fra le mani con occhi scintillanti.
3: questa tendenza non è una novità: è forse più visibile negli ultimi anni, ma c'è sempre stata. Faccio un esempio personale, di cui ho già parlato più volte. Nel 2009 pubblicammo Caligula (gioco d'esordio del poi prolificissimo Pierluca Zizzi), con l'intento dichiarato di fare un giocone spaccacervelli a 20,00 euro, che durasse un'intera serata e avesse dinamiche complesse, ma che costasse poco. Espressamente per questo motivo non abbiamo inserito alcun tabellone (sostanzialmente inutile, ai fini del regolamento) né dischetti di legno quali erano quelli del prototipo originario.
Ora, è chiaro che questo specifico caso lascia il tempo che trova: ha quasi venduto tutte le tremila scatole prodotte, senza però esaurirle, ma era un gioco di una casa editrice ancora molto piccola e molto poco pubblicizzato, quindi manca tutta un'enorme serie di termini di paragone per poterne valutare il successo, però tantissimi addetti ai lavori o anche semplici giocatori mi hanno detto che se avessimo fatto lo stesso identico gioco, ma con scatola grande, tabellone e legnetti e se l'avessimo venduto a 40,00 euro, avrebbe potuto avere molto più successo e col tempo me ne sono convinto anch'io (e fra l'altro un pensiero di una ristampa in questo senso è sempre lì, in un angolino del mio cervello).
Allo stesso modo, sono perfettamente consapevole del fatto che le risorse, i meeples e le canoe sagomate di Wendake siano parte integrante del successo del gioco: sicuramente, le sue meccaniche innovative e il suo bilanciamento, a cui abbiamo lavorato a lungo, hanno contribuito parecchio a collezionare recensioni positive, ma è innegabile che senza il colpo d'occhio dato dai materiali, molta gente l'avrebbe ignorato e molte di quelle recensioni non sarebbero mai state scritte.
Con questo, sto quindi dicendo che non esistono giochi con materiali belli e regole brutte? Ovviamente no. E neanche sto dicendo che non esistano giochi in cui sono stati inseriti materiali completamente inutili o poco affini al tema. Addirittura mi vengono in mente casi di giochi in cui sono state inserite componenti sceniche talmente astruse da ridurne l'ergonomia, maledetti editori che vogliono strafare.
Sto dicendo che, volenti o nolenti, gli standard si sono alzati e ormai la gente vuole una cura del dettaglio sempre più alta e non ci si può permettere di non fornirla, con buona pace di chi invece preferirebbe materiali ridotti all'osso in nome di un minor prezzo al pubblico. Ormai la strada è quella, almeno per il momento. Poi cosa riserverà il futuro, non si può sapere.

Veniamo quindi al ruolo di Kickstarter in tutto questo, che esiste, è innegabile: l'affermarsi di questa piattaforma ha contribuito in modo determinante a far esplodere questa attenzione sui materiali, anche se per i primi tempi è rimasta molto confinata solo su quel mondo. Poi si è diffusa anche nei canali più classici, secondo me principalmente sulla scia del successo di Splendor (ma c'erano segnali già prima con Takenoko) e dell'editoria francese, molto attenta a questi aspetti.
E sicuramente, esiste anche una frangia di backers che vive il suo rapporto con il crowdfunding in modo simile a quello di un giocatore d'azzardo, ossia sostenendo compulsivamente progetti che fanno salire l'acquolina, senza avere idea di cosa arriverà. In pratica facendo un all in del suo pledge per poi vedere se la puntata andrà a buon fine oppure no.
Altrettanto sicuramente, esisteranno giochi infarciti solo di miniature (magari solo promesse e poi neanche realizzabili), senza regole adeguate, ma la questione è... Perché tali progetti esistono? Torniamo a quello che ho scritto sopra: perché c'è gente che vuole questo tipo di prodotti.
Ciò che ha fatto Kickstarter è stato semplicemente dare possibilità concrete di realizzazione a progetti che prima potevano essere solo sogni libidinosi: come sempre, non ha generato qualcosa di nuovo, ma ha amplificato ciò che c'era già.

"Sì, vabbè, Mario, chiudila qui che hai già scritto tantissimo", starete dicendo. E avete ragione. Torno quindi ai punti toccati in cima e do le mie risposte:

1: I giochi con miniature stanno facendo alzare troppo i prezzi e rovinando il mercato.
Sì, hanno contribuito anche loro a far alzare i prezzi, ma la mia impressione è che il mercato stesse già annusando l'aria in quella direzione e non vedesse l'ora di buttarvicisi. Inoltre, non possiamo neanche ignorare i continui cambi di assetti societari che di certo hanno conseguenze anche sui prodotti finali. Il mercato si evolve e i giocatori pure, a prescindere dalle miniature.

2: Kickstarter fa fare successo a giochi non meritevoli e rovinando il mercato.
Qualche gioco non meritevole sicuramente ci sarà, ma di norma quelli che fanno successo lo sono. E soprattutto, possono portare alla crescita di chi lavora bene (state tranquilli che se qualcuno lancia un gioco di miniature su KS senza fare benissimo i conti ne pagherà le conseguenze). Di solito tendo a non fare nomi di altri editori, ma per una volta faccio un'eccezione perché questo specifico caso è davvero esemplare: Cool Mini Or Not/CMON, che tutti sicuramente conoscete (se state leggendo questo blog e non la conoscete, probabilmente siete mia zia. Ciao zia!) ha sfruttato molto bene le possibilità offerte da Kickstarter, puntando moltissimo, fin dal suo stesso nome, proprio sulle miniature, ma, ha poi contribuito a portare su altri mercati anche giochi di altro tipo, anche attraverso i canali classici (e poi secondo me Eric Lang è molto bravo, ma questo è un altro discorso).
Questo è solo il caso più eclatante e famoso di crescita e sviluppo del mercato originata da Kickstarter, ma non è certo l'unico. 
Per dire, nel nostro piccolo ci siamo anche noi, che grazie a questo strumento siamo riusciti a sbarcare là dove prima ci era impossibile (ok, noi non facciamo giochi di miniature, quindi questo accenno era più promozionale che altro, ma mi perdonerete, vero?).

Ah, scusate, mi sono dimenticato il terzo punto riguardo alla classifica di BGG che seguirebbe solo le mode del momento e non varrebbe nulla! 
Beh, ma questo è vero, non c'è mica niente da dire, in merito. Al limite, si può dire che è una caratteristica comune a molte altre classifiche, non solo di giochi!

A cosa ho giocato

Photosynthesis
Kingdomino (2)
Pandemic Legacy: Season 1 (3)
Wendake (5)
Micropolis
Le case della follia
Clank! (2)
Heaven and Ale
Bang (con espansioni High Noon e Dodge City)
Hanabi
Space Alert (2)
Welcome to the dungeon
Sheepland
Abyss

Nessun gioco da recensire, stavolta: sono tutti titoli di cui ho già parlato o a cui non ho ancora fatto abbastanza partite. Tanto ho già scritto tantissimo prima.
Alla prossima!

mercoledì 28 marzo 2018

Febbraio 2018: i costi di produzione dei giochi da tavolo.

Nella nuova sede di SlowGame!
Ed eccoci a parlare di febbraio, iniziando da una grandissima e importantissima notizia, ovvero l'apertura del nuovo blog Sfoggiare Inutile Erudizione, che non c'entra nulla con i giochi, ma è davvero assai lepido e divertente. Visitandolo potrete trovare sia gli articoli che erano stati originariamente pubblicati su La Piramide delle Bermuda (che ora si chiama Occulturiamoci), opportunamente aggiornati, sia le nuove rubriche Personalità Buffe e Pillole di Erudizione.
Si è già parlato, fra le altre cose, di efferati assassini, eroi di guerra, fondatori di religioni, cani spaziali, calciatori cialtroni e poi arte, scienza, allucinazioni, esoterismo e tirannosauri.
Come potete resistere???
[SPAM MODE = OFF]

Veniamo quindi agli argomenti ludici, iniziando dal fatto che SlowGame, l'associazione di cui sono vicepresidente, dopo le peripezie degli ultimi mesi ha finalmente una nuova sede adatta alle sue esigenze e che sembra possa durare a lungo. Anche stavolta ci siamo appoggiati a un bar che avesse caratteristiche a noi adatte, visto che per noi è la scelta migliore.
Avevo parlato nel dettaglio della situazione nel post di fine anno, e molti di voi si erano preoccupati della nostra sorte, quindi ci tengo a tranquillizzarvi: tutto procede per il meglio e il lunedì sera è tornato più affollato che mai (ma io gioco pochissimo perché devo sempre playtestare...). Inoltre, abbiamo anche partecipato a una giornata di autogestione del liceo locale, dove abbiamo tenuto 4 ore di laboratorio ludico, che mi sembra abbia riscontrato un buon successo fra i ragazzi. Sono cose che fanno piacere!

A proposito di SlowGame, stiamo anche organizzando la sesta edizione del torneo multigioco a squadre. Lo schema dei titoli scelti è qui sotto, mentre l'evento Facebook è qui!

Ovviamente, io e Tambu siamo stati anche a Norimberga, dove abbiamo passato quattro intensissimi giorni a guidare in mezzo alla neve e a fare accordi di distribuzione per i nostri giochi presenti e futuri.
In generale, tutti i nostri partner continuano a dirci che abbiamo davvero dei giochi interessanti e contiamo che la maggior parte di essi vadano effettivamente in porto. Di certo, rispetto agli anni scorsi, alcune cose sono cambiate (anche per via di alcune acquisizioni) e questo è uno dei motivi per cui c'è sempre più lavoro da fare. Un altro è la nostra intenzione di aumentare il numero di uscite.
Ma abbiamo già dei piani su come fare a starci dietro, state tranquilli ;)

A cosa abbiamo lavorato
  • Beh, innanzitutto ai follow up post Norimberga: contratti, bozze grafiche, preventivi e accordi vari. Un turbine di mail e telefonate parecchio eccitante e foriero di grande fibrillazione. Spero di non essermene dimenticata nessuna! :D
  • Abbiamo poi proseguito con l'espansione di Wendake, che ha ancora parecchi dettagli da limare, ma siamo davvero convinti di essere sulla strada giusta. I test stanno evidenziando delle possibilità di gioco davvero interessanti, con tattiche e strategie nuove, rese possibili anche dalla possibilità di realizzare alcune combo davvero notevoli.
  • Nel frattempo, siamo al lavoro su altri cinque giochi, senza contare quelli promozionali. In particolare, il nuovo progetto che stiamo portando avanti insieme a Demolâ è davvero promettente!
Cosa hanno detto di noi

Iniziamo da due video che hanno analizzato Wendake da punti di vista diversi dal solito:
  • TeOoh ha pubblicato il gameplay di una partita in solitario, che era una cosa che mancava e che abbiamo apprezzato molto. Come potete vedere, anche giocare contro l'automa può essere decisamente stimolante!
  • Il progetto BEC (Boardgame E Cultura) del Boardgame Empire Club ha dedicato una puntata alla recensione di Wendake dal punto di vista storico. Ci fa molto piacere, perché è un aspetto a cui noi teniamo tantissimo!
  • Infine, sono usciti alcuni video in altre lingue. Li trovate, come sempre, nella nostra playlist International videos, su YouTube.
La polemica del mese

Innanzitutto: la polemica in questione è di marzo, non di febbraio, ma sticazz come già scritto in passato ho deciso che mi terrò libero dai riferimenti temporali del titolo, che valgono per le altre sezioni ma non ha senso ripescare argomenti vecchi quando ce ne sono di più nuovi e attuali.
Ancora una volta, non metto nessun link, ma in questo caso il motivo è che vorrei parlare più di un argomento generale, che non del caso particolare da cui sto prendendo spunto.
Tale caso è presto descritto: una nota casa editrice italiana ha localizzato un gioco estero cambiando alcuni materiali e in particolare eliminando un libretto e trasformando degli elementi di legno in cartonati. Ciò ha suscitato alcune polemiche, a cui la casa editrice ha risposto dicendo che il mantenimento dei materiali originali avrebbe alzato il prezzo di vendita di circa 7 euro. Molti giocatori hanno però detto che lo avrebbero preferito e alla fine, in un comunicato successivo. si è offerta di vendere i componenti aggiuntivi a prezzo di produzione, ovvero a 1,50, ed è da qui che la cosa inizia a diventare interessante.
In sostanza, in mezzo ad alcuni plausi e, ovviamente, ad alcune critiche, si sono alzate delle voci che hanno accusato l'editore di mentire, perché "se ora lo vendete a 1,50 perché l'altra volta avete detto 7? Potevate metterli da subito e alzare il prezzo di 1,50!"


Ricordo che un ragionamento simile saltava fuori ogni tanto anche in anni passati, in cui qualcuno chiedeva che gli editori mettessero già le bustine dentro alle scatole di giochi perché "tanto loro ne comprano tante e quindi le pagano poco".


Ora, sinceramente qui non ci sono opinioni da esporre, ma, in linea con gli scopi di questo blog, semplicemente un meccanismo da spiegare, che secondo me dovrebbe essere assolutamente scontato per tutti, ma evidentemente non è così.
Il costo a cui viene venduto un gioco al pubblico NON È il costo di produzione del gioco e se volete saperne di più dovete venire alla Tavola rotonda organizzata a Play dalla SAZ, a cui parteciperò anch'io.
Quindi a posto, ci vediamo lì. Possiamo andare a casa.

Come dite? Ormai ho lanciato il sasso e ne devo parlare già qui? Uff, per una volta che volevo svicolare...
Ok, dai.
Il fatto è stucchevolmente semplice: fra il costo di produzione e quello di vendita ci sono di mezzo le possibilità di guadagno dell'editore (e l'autore, ovviamente), il distributore, il negoziante e infine dello Stato, che ci mette su il 22% di iva alla fine.
Quindi, 1 euro in più di spesa per l'editore, per cubetti o bustine o qualsiasi altro elemento, si traduce in almeno 5 euro in più al pubblico ed è giusto che sia così.
Davvero, mi rendo conto che siano ragionamenti banali, ma esplicitarli mi aiuta a far capire meglio alcuni aspetti che vedo ancora troppo sottovalutati da parte della community ludica:
  1. Un gioco da tavolo è un prodotto decisamente complesso, da realizzare. Ho già spiegato in passato che non esiste una macchina che sforna giochi, ma ne esistono tante diverse che producono carta, cartone (no, non sono la stessa cosa e vanno incollati una sull'altro), legno, plastica, metallo, resina, biglie di vetro e altri materiali meravigliosi
  2. Il lavoro di un editore, sia che si tratti di un colosso multinazionale, sia che si tratti di piccole povere ditte come noi, consiste nello scegliere accuratamente ciò che va messo nella scatola, stando attenti a estetica, ergonomia, fruibilità, comprensibilità e, sinceramente, anche ad ogni singolo centesimo di costo di produzione, perché o alzerà il prezzo al pubblico, o ridurrà il margine di guadagno. Altre opzioni non ci sono.
  3. Il mercato, soprattutto per i titoli per appassionati dedicati solo al mercato italiano come quello da cui era partita la polemica, è ancora troppo piccolo per poter agire concretamente sul punto precedente. Su tirature piccole, i costi di produzione sono enormi e ogni singolo elemento può fare la differenza, anche per editori che sono spesso presenti in fiera e quindi possono vendere a prezzo pieno direttamente al pubblico (non illudetevi che questo appiani i conti: le fiere costano parecchio e comunque non è pensabile vendere solo lì saltando la normale filiera).
In conclusione, quindi, ripeto una frase già scritta tante volte, ma visto che non ho la presunzione di pensare che tutti conosciate a memoria i miei post, la ribadisco nuovamente: gli editori di giochi non sono entità malvagie e senza cuore che vi succhiano i soldi dalle tasche e che realizzano i giochi tritando bambini e trasformandoli in cubetti, ma persone appassionate che hanno avuto il coraggio o l'incoscienza di provare a creare qualcosa che, vi assicuro, può dare grandissime soddisfazioni.
Farsi strada in un mercato sempre più affollato e competitivo, rispettando richieste qualitative sempre più elevate e sapendo che ormai è normalissimo che gli acquirenti possano ordinare all'estero per avere prezzi migliori, è tutt'altro che facile. Portare in Italia titoli validi che possano far diffondere la cultura ludica anche al di fuori del nostro cerchio magico di forum e gruppi facebook è opera lodevole e meritoria, senza dubbio alcuno.
Poi per carità, le cazzate le possiamo fare tutti ed è più che legittimo che il pubblico critichi se ritiene che sia necessario, però almeno lasciatemi tentare di spiegare certi meccanismi di base, perché se una critica non parte quantomeno da lì, difficilmente potrà avere un minimo di sostanza.

A cosa ho giocato

Caligula
13 Minutes: the cuban missile crisis
Pandemic Legacy: Season 1
Sulle tracce di Marco Polo
Alta Tensione
Ca$h and Gun$ (2)
Takenoko
Diamant (2)
Wendake
Timebomb: Moriarty vs. Sherlock

  • E finalmente, con ingiustificabile ritardo, sono riuscito a intavolare Pandemic Legacy! Mettere insieme un gruppo di gioco disponibile a vedersi con regolarità almeno due volte al mese ha richiesto quasi due anni di ricerche, ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
    Doverosa premessa: a me Pandemic non ha mai fatto impazzire. Non sono un fan dei collaborativi puri di questo tipo, in cui un alpha player (che di solito è l'Avversario, che su queste cose è parecchio bravo) trova al volo la soluzione migliore e dice a tutti cosa fare (peggio ancora se in realtà non è neanche la soluzione migliore). Preferisco i giochi in cui ci siano dei traditori (qualcuno ha detto Battlestar Galactica???) o che impongano ai giocatori di decidere in fretta e/o senza poter condividere tutte le informazioni con gli altri (esempio classico: Space Alert).
    Devo però dire che questa versione Legacy, di cui tutti hanno sempre parlato benissimo, è davvero all'altezza delle aspettative. Nel momento in cui scrivo siamo a MARZO e sono già successe un sacco di cose super entusiasmanti. In qualità di proprietario della scatola, poi, mi sono anche occupato in prima persona di stracciare la prima carta. Son soddisfazioni!
    Insomma, al momento sta proprio rispettando tutte le promesse. A tutti i detrattori della modalità legacy dico che secondo me è davvero coinvolgente, al punto da trasformare un gioco nella media (pur arricchito da alcune meccaniche buone, su tutte quella di Contaminazione/Intensificazione che è davvero notevole) in un'esperienza di gioco incredibilmente appagante.
    E se alla fine non lo potremo più giocare... Ma chissenefrega!

venerdì 9 marzo 2018

Tre chiarimenti riguardo ai rapporti fra autori ed editori.

Entriamo subito nel vivo: scrivo questo post perché a quello precedente, dedicato fra le altre cose ai compensi per gli autori di giochi, hanno risposto moltissime persone, alcune delle quali mi hanno convinto a spiegare un po' meglio alcuni punti.

Iniziamo quindi dal più importante:
  1. Non sostengo affatto che un autore esordiente debba rassegnarsi a ottenere un 4-5% di royalties sempre e comunque. Alcuni si sono soffermati solo sulle percentuali che ho riportato e hanno mal interpretato il mio pensiero. Ogni editore ha la sua struttura, la sua rete vendita e, in una parola, le sue peculiarità. Alcuni editori offrono agli esordienti il 4% di default, altri il 7% (e Post Scriptum non appartiene a nessuna di queste due categorie, per la cronaca). Sicuramente la differenza è notevole, ma non è l'unico dato da valutare. In sostanza, quello che mi preme far capire è che una percentuale bassa non è per forza una truffa, nè una miseria. Ricordate sempre che un 4% su 10.000 copie è molto di più di un 7% su 1000.
  2. In realtà però il mio sfogo derivava più che altro da un atteggiamento in cui mi sono imbattuto più volte, ultimamente, ovvero quello di sfiducia nei confronti dell'editore. Quello che volevo sottolineare è che alcuni esordienti con cui ho parlato in prima persona (non tanti... ma troppi), mi sono sembrati molto timorosi nel confrontarsi con me, mentre altri mi sono sembrati arroganti. Credo che l'uno o l'altro atteggiamento dipendano dal carattere della persona in questione, ma siano entrambi figli di una visione in cui l'editore sembra quasi visto come un nemico, che abbiamo come scopo principale quello di fregare il povero ingenuo autore implume (fra l'altro, cambiandogli tutte le regole del gioco e rovinandoglielo irrimediabilmente). L'ho detto e ripetuto tantissime volte: autore ed editore devono formare una squadra, perché un gioco esca bene. Devono lavorare fianco a fianco per mesi e devono andare d'accordo. Se manca la fiducia iniziale, manca tutto.
    Il senso fondamentale del mio post è che non vanno posti paletti irrinunciabili su un unico aspetto della relazione (in questo caso, la percentuale di royalty). Dire "se a me non danno almeno il 7% non firmo mai" potrebbe chiudervi porte che invece vi converrebbe tenere aperte.
    Come ho scritto sopra, non dico che dobbiate accontentarvi, ma ciò non significa che sia giusto pretendere condizioni che l'editore non giudica congrue al progetto.
    A livello personale, tengo in grandissima considerazione l'impressione che l'autore mi fa, sia nel primo incontro, sia in quelli successivi, di persona o da remoto. Certo, il mio primo interesse è il gioco (ci devo vivere, pubblicando giochi, quindi devo essere convinto che siano davvero buoni), ma non posso prescindere dal fatto che con la persona che me lo sta offrendo dovrò rapportarmi a lungo, in continui scambi di idee e pareri. E se ogni volta che lo faccio, dall'altra parte c'è un muro... Beh, non si va da nessuna parte e al secondo contatto finisce che si chiude tutto e il gioco non va in porto.
    Poi, per carità: l'editore che vi vuole sfruttare ci potrà magari anche essere, eh. Io mica li conosco tutti. Però la norma è che se un editore fiuta un autore bravo, cercherà di soddisfarlo per poterci lavorare anche in futuro. Al di là dell'onestà, è semplice strategia imprenditoriale.
  3. Ultimo punto da chiarire, che forse non traspariva abbastanza dal post: la fretta è spesso cattiva consigliera! Non abbiate fretta di dire di sì o di no a un editore senza aver sviscerato tutte le possibili variabili: ovviamente dovete valutare anticipo, royalties e tempistiche, ma anche la storia dell'editore. In carriera mi è capitato di parlare sia con autori che mi hanno detto che preferivano cercare altrove perché i miei tempi sono piuttosto lunghi (è vero), o perché pensavano di trovare un editore più grande (in alcuni casi in effetti avevano ragione e anzi, almeno una volta io stesso ho detto "a me interessa, ma secondo me questo lo potresti piazzare a qualche colosso"), o che viceversa hanno deciso di pubblicare con me anziché con altri nonostante dovessero aspettare a lungo, perché ci tenevano a essere nel mio catalogo.
    E se avete dubbi o perplessità, parlatene chiaramente: la fiducia è un elemento importante in un rapporto e tutto entro certi limiti può essere contrattato, o quantomeno potreste ricevere una spiegazione che vi convinca del perché l'editore vi sta offrendo certe condizioni. Mal che vada, avrete maggiori elementi per valutare!
In una frase: non abbiate timori ad avanzare richieste, ma attenti con le pretese. Il vostro atteggiamento è parte integrante del prodotto che state cercando di vendere!

martedì 27 febbraio 2018

Gennaio 2018: il giusto compenso per gli autori di giochi.

Conferenza a IDeA G!
Partiamo subito dalla notizia bomba, che ha sconvolto tutti i giornalisti politici della nazione: non sono più Presidente di SlowGame! Sono stato infatti promosso al ruolo di Vicepresidente, carica assai più ambita grazie alla quale posso esercitare il mio potere senza incorrere in alcun rischio di natura civile o penale(1).

Prometto comunque fin da ora di rivestire questo ruolo con dedizione e impegno, ispirandomi alla più autorevole figura vicepresidenziale di cui si abbia memoria nella storia dell'umanità:


(1)Sì, ho scritto questa frase perché so benissimo che l'attuale Presidente la leggerà :)

Scherzi a parte, il clima nel Consiglio direttivo di SlowGame è davvero buono: andiamo d'accordo e decidiamo tutto all'unanimità da anni, ormai. Se qualche volta capita che non la pensiamo allo stesso modo, ne parliamo fino a che non si trova una soluzione di cui siamo realmente tutti convinti. Per questo nuovo biennio appena iniziato, il gruppo è stato allargato da 5 a 7 membri, in previsione dell'aumento delle attività delle sezioni wargame e gdr previsto grazie alle soluzioni trovate per risolvere il problema della sede (le tante persone che hanno letto il mio ultimo post sanno di cosa parlo) e sono certo che anche i nuovi membri troveranno un ottimo clima e porteranno nuove energie ed entusiasmo alla causa.
La situazione creatasi nel 2017 rischiava di far crollare tutto, ma siamo stati tutti pronti a reagire e a fare in modo che l'associazione potesse continuare a vivere. Grazie quindi a tutti i soci che hanno continuato a frequentare imperterriti i nostri ludedì, senza farsi scoraggiare dalle difficoltà.

Dal punto di vista lavorativo, invece, gennaio vuol dire soprattutto Idea G, come sempre. Quest'anno siamo riusciti a provare pochi giochi, perché avevamo parecchi appuntamenti già presi per proseguire su progetti già avviati (sì, ci sono state delle firme!), e perché volevamo presenziare alle conferenze organizzate da SAZ Italia (una delle quali parlava di Kickstarter e mi ha visto in veste di relatore). Abbiamo comunque cercato di accontentare più gente possibile, restando giù in sala test fino alle 2.00 del sabato e fino alle 19.30 della domenica, che come orario è sicuramente meno impressionante, ma va considerato che la manifestazione finiva alle 19.00...
Come ho già scritto, in realtà abbiamo già sottomano più prototipi di quanti riusciamo a svilupparne, quindi l'obiettivo dichiarato era essere disponibili come tester ma cercare di non portare a casa niente.
E ce l'abbiamo quasi fatta, perché alla fine un prototipo l'abbiamo comunque preso (oltre a quelli che già erano concordati) e c'è almeno un altro gioco che ci potrebbe interessare. Vedremo.

A cosa abbiamo lavorato
  • A un po' di giochi nuovi, finalmente! Finite le corse del periodo natalizio (e dopo qualche giorno di vacanza) sono iniziate le corse del periodo pre-Norimberga. Come ho già avuto modo di scrivere, alcuni progetti in cui crediamo molto erano rimasti fermi negli ultimi mesi e ora li stiamo facendo ripartire. Nello specifico, abbiamo due party games e un family di media complessità, più un paio di giochi di carte. Non sappiamo ancora se usciranno tutti nel 2018, ma ci teniamo pronti all'eventualità :)
  • Nel frattempo, stiamo anche lavorando al rimodernamento del sito di Placentia, che non è aggiornato da troppo tempo. Ma ci siamo quasi, promesso!
  • Abbiamo anche aperto il canale Telegram di Post Scriptum & Placentia Games, per chi volesse essere sempre aggiornato su tutto ciò che ci riguarda!
E a questo proposito....
Cosa hanno detto di noi
La polemica del mese

La polemica di questo mese non deriva da nessun post, ma sono io a farla (beh, non è una cosa poi così incredibile).
Mi è capitato a Idea G di sentirmi chiedere da un aspirante autore, che ancora non ha pubblicato nulla, se fosse il caso di autoprodursi, perché nonostante ci fosse un editore (un ottimo editore, a mio parere) seriamente interessato a un suo gioco, riteneva più conveniente A LIVELLO ECONOMICO (!!!) tentare di fare da solo, producendo mille scatole.
Convincere lui che fosse sbagliato non è stato difficile: aveva già dei preventivi sottomano, me li ha mostrati, gli ho fatto i conti in tasca svelandogli tutti i costi nascosti che non vedeva e facendo un rapido calcolo delle tasse che avrebbe dovuto pagare in caso di vendita di tutta la tiratura e dimostrandogli quindi che la percentuale che gli era stata offerta gli avrebbe in realtà reso parecchio di più, fra l'altro evitandogli una marea di ore di lavoro, che avrebbe potuto dedicare a ideare altri giochi.
Ma il punto non è quel singolo caso, bensì una tendenza che ultimamente noto sempre di più, ovvero quella a sbagliare clamorosamente la dimensione economica del rapporto fra autori ed editori, in un senso ("a fare l'autore non si guadagna niente, mi autoproduco") e nell'altro ("hurrà, c'è un editore interessato, potrò smettere di lavorare").
Il fatto che il numero di autori editi sia cresciuto molto, negli anni, è stato sicuramente un bene, e vedo di buon occhio anche l'apertura della filiale italiana della SAZ, però penso che tutto ciò abbia generato un rovescio della medaglia che forse non era facile prevedere: ora l'esordiente entra facilmente in contatto con chi già ha pubblicato parecchi giochi, anche con importantissimi nomi internazionali e temo pensi che sia facile trasformare le proprie idee in un bel mucchio di sacchi di iuta col simbolo del dollaro stampato sopra.
Quando ho iniziato, c'erano meno autori ed editori in giro, e tutti più o meno sapevamo che "un autore esordiente prende il 5%" e da quello si partiva per poi trarre le proprie considerazioni.
Gli autori, inoltre, sapevano che "essere pubblicati è difficilissimo e spesso anche se riesci a firmare un gioco con un editore ci può volere un sacco di tempo prima che venga effettivamente realizzato", il che non era SEMPRE vero, ovviamente, ma era la prima cosa che tutti pensavano.
Ora, li situazione è cambiata molto e mi sembra che la percezione iniziale sia opposta, per due motivi:
  1. Ci sono molti più editori in giro, e altri ne continuano a nascere. Quindi è numericamente possibile accontentare più autori. 
  2. Grazie a social ed eventi dedicati, è sempre più facile venire in contatto con loro, anche all'estero, e sottoporre i prototipi alla persona giusta all'interno dell'azienda.
  3. (Sì, lo so, uno dei motivi è anche il fatto che il contatto fra autori abbia effettivamente alzato la qualità delle proposte, ma è un punto che esula da questo discorso).
Da qui arriva la percezione di cui parlavo sopra, che davvero a volte è tanto distorta.
Per esempio, in una fiera dell'anno scorso stavo parlando con un autore che ha decine di giochi pubblicati alle spalle e gli ho detto che esordiente mi ha chiesto 2000 (duemila!!!) euro di anticipo su un gioco di carte. Lui si è messo a ridere e mi ha detto "se mi firmi queste condizioni, do tutti i miei giochi a te".
Sia chiaro, non sono richieste inaccettabili sempre e comunque, ma lo sono per un gioco di carte di un autore esordiente. Il problema è che quando me le ha chieste, non aveva idea che fossero condizioni assurde e totalmente fuori mercato.
Intendiamoci: il contatto con gli autori editi non può che far bene agli esordienti e il livello medio dei giochi ideati si è alzato parecchio, ma la consueta ritrosia che tutti abbiamo nel parlare di soldi in realtà è un problema, perché i novizi vengono istruiti su tantissimi aspetti della vita di un game designer, ma mai su questo, che pure è molto importante.
Sempre a Idea G, si è tenuta anche una conferenza in cui si parlava di come è fatto un contratto di edizione, e arrivati al punto in cui si parlava di anticipi e percentuali, sono intervenuto dal pubblico per chiedere che si facessero dei numeri. Il moderatore ha dapprima risposto che avevano pensato di non farli, ma dietro mia insistenza si sono convinti che fosse il caso, perché un punto così importante non deve essere oscuro.
Quindi lo scrivo anche qui: un esordiente riceve di norma offerte di royalties del 4, 5 o 6% su quanto effettivamente fatturato (non sul prezzo di copertina), mentre l'anticipo è una cifra molto più variabile a seconda del progetto, ma diciamo che può aggirarsi sui 250/500 euro. Può anche essere 0, a seconda delle altre condizioni e della natura del progetto.
Sono cifre basse? Per quanto riguarda l'anticipo a volte sì, per quanto riguarda le royalties sicuramente no: da editore vi assicuro che gli equilibri di produzione di un gioco sono molto delicati e dare, per esempio, il 10% all'autore li farebbe completamente saltare, a meno che non si tratti di un autore talmente famoso da assicurare grandi vendite solo perché il gioco è suo (ma ne esistono davvero pochi, di questi casi).
Vi assicuro anche, però, che un 5% su un gioco che abbia un minimo di successo può comunque portare a compensi decisamente interessanti. Tale cifra non è affatto "una miseria", anzi, è assai probabile che porterà guadagni  parecchio più alti di quanto un autore alle prime armi possa ottenere con un'autoproduzione, a maggior ragione se intrapresa su Kickstarter.

Detto questo, va anche detto però che gli autori freelance che possano vivere solo di questo sono davvero pochissimi nel mondo e, che io sappia, nessuno in Italia. Anche i nomi più famosi svolgono anche altre attività, spesso legate al mondo ludico (agenti, editori, scrittori, giornalisti, ecc.) e non ESCLUSIVAMENTE i game designer. Se vi aspettate che la pubblicazione di un gioco vi sosterrà economicamente per il resto della vostra vita, vi sbagliate. Diciamo che se sarete bravi, potrete sicuramente riuscire a portare a casa delle belle cifre che vi permetteranno di togliervi un po' di sfizi, ma uno stipendio annuale è un'altra cosa.
C'è però una buona notizia, ossia che quella del freelance non è l'unica strada possibile: sempre più case editrici stanno assumendo game designer interni e credo che per molti sia un lavoro dei sogni. Pensate: piacerebbe farlo persino a me!
(No, noi per il momento non abbiamo intenzione di farlo, mi spiace. In effetti un game designer ci serviva, ma l'abbiamo preso come socio l'anno scorso :p )

Quindi, che dire in conclusione di questa lunghissima sezione?
Beh, che spero di aver chiarito un po' le idee a chi ancora le aveva confuse. Come già detto mille volte, ogni gioco fa storia a sé, così come ogni editore e ogni autore ha le sue caratteristiche. Il vero consiglio è quello di ponderare bene cosa fare, prima di prendere ogni decisione, e spero con questo post di aver dato qualche base da cui partire per farlo.
Ecco quindi qualche spunto di riflessione finale:
  • Non dico che l'autoproduzione sia un male sempre e comunque: molte case editrici, fra cui Post Scriptum, hanno iniziato così e io stesso ho scritto una guida in merito. Ma non pensiate che sia una scorciatoia, perché non lo è. Il lavoro da fare è tantissimo e le probabilità di portare a casa una cifra interessante sono inferiori rispetto alla pubblicazione tramite editore.
  • Fra i tanti editori nuovi che si affacciano sul mercato, ce ne saranno inevitabilmente anche alcuni improvvisati, che sostanzialmente stanno facendo lo stesso ragionamento del ragazzo di cui parlavo sopra. Il discorso è simile a quello del punto precedente: molti di noi, comprese aziende ora grandi e prospere, hanno iniziato così, ma almeno altrettanti, se non di più, sono spariti nel giro di due anni (cioè quando hanno dovuto iniziare a pagare le tasse, più o meno).
  • Fra gli editori improvvisati, ce ne sarà inevitabilmente una buona parte che non ha le competenze per far uscire un prodotto all'altezza del mercato, che già è iper-saturo di suo, quindi il gioco potrebbe avere una grafica scarsa, potrebbe non essere ben playtestato e in sostanza potrebbe non vendere, che è una di quelle cose che fanno chiudere la casa editrice dopo due anni. Un'altra possibile causa è il fatto di aver firmato contratti con clausole fuori mercato, a causa dell'inesperienza, senza rendersi conto di non poterselo permettere.
  • Più importante di tutto: un editore esperto non cercherà mai di fregarvi, perché sa benissimo che un buon autore è una risorsa preziosissima e cercherà di tenervi stretti. Magari cercherà di risparmiare, se può, ma mi sembra impossibile che vi possa fare un'offerta ridicola, se ha fiutato un buon gioco.
Chiosa finale: per alcuni addetti ai lavori, questo discorso non sarà sorprendente, perché l'ho già fatto a voce più volte e immagino si aspettassero che prima o poi ne avrei parlato diffusamente anche qui: è un tema che mi sta molto a cuore perché sono davvero convinto che per fare un gioco di qualità serva prima di tutto essere una squadra, e se l'autore è scontento perché si aspettava di più, l'ingranaggio non funziona bene. Se invece è scontento l'editore, la macchina neanche si avvia.

A cosa ho giocato

Wendake
Brick Party (4)
8 minuti per un impero
Kingsburg
Betrayal at Baldur's Gate
Kitchen Rush
Tybor der baumeister
When I dream (2)
Finca
Century: la via delle spezie
Nome in codice visual (3)
Kingdomino
Jungle brunch
  • When I dream mi è sembrato geniale, la prima volta che l'ho giocato, ma più lo provo, meno mi convince. La differenza di difficoltà fra il ruolo di Fata e quello di Babau è davvero elevata e per un giocatore alle prime armi può essere frustrante. Se un giocatore alla prima partita si trova  fare due o tre manche di fila da Babau dubito che si possa divertire, e per un gioco di questo genere è un problema non da poco. Non di solo meccaniche si può vivere.

mercoledì 31 gennaio 2018

2017 ludico: come ci vedono i non giocatori?


Ormai è consuetudine che, dopo il post ufficiale sul blog di Post Scriptum col bilancio dell'anno appena trascorso, arrivi anche quello più personale che riguarda le mie altre attività ludiche, principalmente come presidente di SlowGame e consigliere dei Custodi del Lago, ma non solo.

Lo dirò senza mezzi termini: questo 2017 è stato in assoluto l'anno più difficile a livello associativo. Il primo motivo è più personale: ho saltato tantissime serate e di conseguenza ho giocato ancor meno dell'anno scorso :(

VITA DA GIOCATORE

Il totale è 234 partite a 146 giochi diversi. Un po' meno rispetto al 2017, molto meno rispetto agli anni precedenti.
Un po', ovviamente, queste cifre risentono dell'alto numero di playtest (soprattutto di Wendake) svolti in associazione, ma quelli ci sono sempre stati, anche quando riuscivo a giocare molto di più. Il problema principale è stato che ho proprio saltato tante serate, specialmente presso i Custodi del Lago, un po' per via di impegni vari nei weekend, un po' per via della stanchezza che, lo confesso, in qualche occasione mi ha tenuto a casa anziché farmi spostare per 50 km.
Poi, va beh, per la prima volta da anni ho anche fatto dieci giorni di vacanza consecutivi negli USA dopo la Gen Con, ma quello me lo sono meritato :)

Escludendo i titoli di Post Scriptum o Placentia, il podio fra i più giocati vede in testa Nome in codice, al secondo posto Diamant e al terzo Port Royal, principalmente proposti nelle serate con giocatori occasionali, come quelle mensili presso la Ca' Buiota, o altre saltuarie qua e là.
Per trovare il primo cinghiale bisogna invece scendere molto in basso, ma non significa che non ne giochi: semplicemente, ne ho provati tanti diversi, la maggior parte dei quali solo una volta. Non è il massimo, perché una sola partita non fa sempre capire bene tutto quello che un gioco di quel genere ha da dare, ma ovviamente per interesse professionale mi interessa provarne il maggior numero possibile, preferendo sempre un titolo nuovo rispetto a una seconda partita a uno già giocato.

Ho anche giocato un torneo, ovvero la terza edizione del Winter is gaming, organizzato da In Ludo Veritas, in cui ho ottenuto un punteggio molto buono con quattro vittorie e un terzo posto, ma va detto che ho giocato solo a titoli che conoscevo benissimo (Ticket to ride: Europa, Cacao, Stone Age, Carcassonne e Kingdomino) perché avevo già detto ai miei compagni di non avere tempo per allenarmi nelle settimane precedenti :)
Comunque, una bella giornata, che è la cosa più importante.

VITA DA ASSOCIATO

E qui veniamo al secondo motivo di cui parlavo sopra e a cui si riferisce il titolo del post: SlowGame, l'associazione di cui sono stato presidente negli ultimi due anni e consigliere nei precedenti sei (e per almeno altri due), ha perso improvvisamente la propria sede, proprio nel momento in cui stava conoscendo una fase di grande entusiasmo, con grande affluenza sia nelle tre occasioni settimanali del lunedì sera, giovedì sera e sabato pomeriggio, dedicate rispettivamente a giochi da tavolo, wargames e giochi collezionabili, sia nella serata mensile in cui stavamo portando avanti la campagna di ruolo multitavolo.
Stare ora a scrivere nel dettaglio quali siano state le cause scatenanti dello sfratto non è opportuno, né particolarmente interessante, secondo me, ma il discorso di fondo è che il mondo è un posto complicato e a volte gli equilibri possono essere minati anche da piccoli episodi. Più volte ho cercato di sensibilizzare gli associati riguardo al fatto che i rapporti con altri enti e istituzioni vadano gestiti con estrema attenzione e diplomazia e a non minimizzare i loro possibili effetti futuri. Difficilmente, al giorno d'oggi, un'associazione ludica è vista come un interlocutore interessante, purtroppo. Per riuscire a strappare spazi, sovvenzioni o qualsiasi altro tipo di beneficio, bisogna lavorare con estrema attenzione e far capire che il ruolo che svogliamo sul territorio può ben amalgamarsi a molte altre attività, sia ricreative, sia culturali. Altrimenti si corre il rischio di passare anni a organizzare eventi, spesso e volentieri anche fornendo tempo e forze ad altre associazioni per dimostrare buona volontà, e poi alla fine essere visti come dei bambocci che giocano coi soldatini.
Fa male, e sono certo che chi legge questo blog mi può capire benissimo.
Si torna quindi nuovamente a un punto già toccato in passato, ovvero al rischio che gli appassionati di giochi si credano parte di un'elite superiore e che guardino con disprezzo i babbani, come li chiamano alcuni. Anche nelle associazioni di cui faccio parte io mi è capitato di sentire qualcuno dire "ma a me interessa solo venire qui a giocare. Non ho nessuna voglia di fare gli eventi aperti al pubblico, le cose per i bambini e tutte quelle menate lì", ma quello che vorrei far capire, a chi la pensa così, è che se hai un posto per giocare, con riscaldamento, servizio bar e armadio pieno di giochi è proprio grazie agli eventi aperti al pubblico, organizzati in collaborazione con altre associazioni o con le istituzioni.
NESSUNO là fuori ci guarda con ammirazione e occhi sognanti come fossimo dei dell'Olimpo. Qualcuno ci guarda con curiosità, molti ancora ci vedono come dei bambinoni perdigiorno, che magari stanno occupando uno spazio che "servirebbe a qualcosa di utile davvero".
A livello culturale siamo ancora immensamente indietro, nella promozione del valore del gioco. Certo, internet aiuta a diffondere sempre più la nostra passione, ma allo stesso tempo rischia di accentuare ancora di più il divario fra chi è sufficientemente interessato da frequentare siti e social network e chi invece non lo fa e quindi non saprà mai che esistiamo.
L'unico modo è darsi da fare nelle piazze, nelle scuole, negli eventi. E instaurare un dialogo convincente con il proprio Comune, la propria Pro Loco o altre istituzioni che di norma sono anche disponibili a collaborare, se riusciamo a spiegare cosa facciamo, perché di certo non saranno loro a venire a cercare noi.
Il nostro settore sta crescendo a ritmo indiavolato. Gli appassionati sono sempre di più, sempre più affamati di novità, sempre più disposti a spendere e sempre più disposti a muoversi per partecipare alle fiere, ma non lasciamoci ingannare pensando di aver già raggiunto una massa critica tale da provocare una rivoluzione culturale.
Dobbiamo farlo, sì. E possiamo farlo, perché siamo motivati e sappiamo che il nostro hobby ha un'infinità di effetti positivi su chi lo pratica, ma al momento siamo ancora solo una scintilla.
La strada per riuscire a illuminare tutto è ancora parecchio lunga.